Georg Groddeck Parte III: il VI Congresso psicoanalitico internazionale (L'Aia, 1920)



 

"Pulchri Studio", sede del VI Congresso psicoanalitico internazionale tenutosi a L'Aia nel settembre 1920 (Fonte: psyalpha)



Michele M. Lualdi

Tra l’8 e l’11 settembre 1920 si tenne a L’Aia il VI congresso psicoanalitico internazionale, il primo dopo la prima guerra mondiale. Fu il momento e l’occasione in cui poterono infine incontrarsi analisti che il conflitto aveva posto su fronti avversi, ma non aveva con ciò reso nemici. Per l’occasione gli olandesi approntarono una calorosa e generosa accoglienza, premurandosi di sostenere le spese di vitto e alloggio per i colleghi meno fortunati e stremati dalle conseguenze belliche, come Freud e molti altri (lettera di Freud a Ferenczi del 18 luglio 1920 in Freud-Ferenczi, 2003, 79; Jones, 1957a, 43 e segg.). La partecipazione fu piuttosto numerosa con 57 membri ordinari e 5 straordinari (tutti inglesi), cui si aggiungevano altri 57 ospiti, tra i quali Anna Freud, la moglie di Sándor Ferenczi Gizella Pálos e quella di Otto Rank, Beata Minzer (Anonimo, 1920,377-9), per un totale di 119 persone, tra le quali almeno 33 donne [1].

Lì si presentava per la prima volta alla Società Psicoanalitica Internazionale il medico tedesco Georg Groddeck [2], già da tre anni in contatto epistolare con Freud e tuttora annoverato tra i fondatori della medicina psicosomatica. Personaggio eccentrico e, da vero outsider, refrattario alla vita e ai regolamenti delle società scientifiche, nel maggio 1920 aveva fatto domanda (prontamente accolta) di ammissione al gruppo psicoanalitico di Berlino, pur di compiacere Freud e di poterlo incontrare di persona al congresso previsto per il settembre successivo. Ecco lo scambio tra i due in proposito:

Groddeck: “Le farebbe piacere se chiedessi di entrare in una delle Società psicoanalitiche? So già fin d’ora che non sono un tipo troppo adatto; però posso dire che sono sopportabile.”

Freud: “Se a noi gioverebbe che Lei entrasse, ad esempio, nel gruppo di Berlino? Penso di sì, e allora ci si potrebbe vedere ai congressi (il prossimo si terrà all’Aia l’8 settembre).”

Groddeck: “Ho fatto domanda per entrare nel gruppo di Berlino. Sarebbe bello se io potessi una volta incontrarLa, e l’Aia non è irraggiungibile per me” (Groddeck a Freud, 27 aprile 1920; Freud a Groddeck, 9 maggio 1920; Groddeck a Freud, 21 maggio 1920; in Freud, Groddeck 1970, 35-7).

Questi gli antefatti; quattro mesi più tardi si aprivano i lavori del congresso. Della partecipazione di Groddeck all’evento, si sa, è nota in particolare la sua frase di esordio: “Sono un analista selvaggio”, cui seguì una conferenza dai toni piuttosto particolari.

Resi più cauti sull’affidabilità delle fonti biografiche dagli esiti delle precedenti indagini sul nostro (Parte I; Parte II), torniamo a consultarle nel tentativo di ricostruire l’episodio. Le incongruenze presentate dal materiale consultato ci costringeranno a scandagliare a fondo alcuni dati contestuali, rinviando al successivo contributo la questione più specifica e certo più interessante dell’effettivo contenuto della conferenza di Groddeck.

Ernest Jones, nel terzo volume della sua biografia freudiana (1957) offre la ricostruzione più stringata e si limita a segnalare la presenza di Groddeck al congresso:

“Dei 62 membri presenti, 2 venivano dall'America (Dorian Feigenbaum e William Stern), 7 dall'Austria, 15 dall'Inghilterra, 11 dalla Germania (compreso Georg Groddeck)…” (Jones, 1957a, 43).

Possiamo accantonare lo scarno resoconto ma, si vedrà, solo temporaneamente. La prima biografia interamente dedicata a Groddeck compare pochi anni più tardi, nel 1965, per opera di Carl e Sylva Grossman, che scrivono:

“Molti avevano attraversato momenti difficili con Freud e la psicoanalisi, e non era molto piacevole vedere quell’ultimo arrivato di Groddeck ricevuto da Freud come un amico. Inoltre era accompagnato da una donna che non era sua moglie. Questo era troppo.

… Il 9 settembre 1920… Freud parlò, seguito da molti altri, e più tardi, quello stesso giorno, fu annunciato l’ultimo relatore – Georg Groddeck. Non aveva preparato un discorso; evidentemente fu su suggerimento di Freud che venne invitato a pronunciare qualche parola sul suo volumetto [riferimento a Condizionamento psichico e trattamento psicoanalitico delle affezioni organiche].

Salì sul palco, guardò l’uditorio con aria di sfida e disse esattamente la cosa sbagliata.

‘Sono un analista selvaggio’.

Ci fu dell’agitazione. L’analisi selvaggia, ossia condotta da una persona non formata, era un vero problema… Chiunque avesse letto un testo sulla tecnica poteva avviare la propria attività come analista. Non erano necessari diplomi né certificati…

Il fatto che la sua prima dichiarazione pubblica fosse stata priva di tatto, sarebbe stato tipicamente ricordato nei successivi rapporti di Groddeck con la società psicoanalitica ufficiale. E l’intervento stesso indispose molti ascoltatori. Anna Freud si sentì oltraggiata dai commenti sconclusionati e disorganizzati. Ricordando il congresso de L’Aia, ammetteva di essere rimasta scioccata da Groddeck. Era allora molto giovane e molto meno tollerante di quanto non fosse trentacinque anni dopo, quando le fu chiesto cosa ricordasse del discorso di Groddeck e della sua presenza a L’Aia. Egli non lesse un testo preparato ma, semplicemente, salì sul palco e diede una dimostrazione del processo della libera associazione, saltando da un’idea all’altra…. Evidentemente era impreparato, ma non fece alcun tentativo per dare alle sue affermazioni una qualche forma organizzata.

Per questo ci possono essere molte spiegazioni. In qualche modo aveva capito di non essere il benvenuto nell’organizzazione ufficiale e che era stato accolto solo grazie all’insistenza di Freud. Ma se anche non lo aveva compreso, non sarebbe stato in grado di resistere alla tentazione di scioccare i presenti. Si divertiva parecchio a confondere le persone, a farle arrabbiare, a sollecitarle al litigio.

Aveva ascoltato molti interventi, alcuni dei quali eccellenti, ma era stato disturbato e annoiato da certi aspetti del congresso. L’unico piacere assoluto che aveva avuto era stato incontrare Freud. Qualsiasi altra cosa e persona era una delusione. Sul palco aveva giocato il ruolo del “figlio cattivo” e Freud, tra l’uditorio, era sato a sua insaputa messo nel ruolo di padre; gli altri membri erano fratelli e sorelle. Dava loro qualcosa su cui spettegolare. Jones ne fu divertito, pur conservando un certo distacco. Altri lo liquidarono come uno svitato.

Pochi dei presenti furono interessati e restarono impressionati. Otto Rank, Ernst Simmel, Ferenczi, KarenHorney restarono deliziati dal suo candore e della sua fresca semplicità” (Grossman, Grossman, 1965, 95-7).

Se ho riportato per esteso la loro narrazione è perché ha funto da base per (quasi tutte) le successive ricostruzioni biografiche, con le quali è assai istruttivo raffrontarla.

Del 1966 è l’importante volume Pionieri della psicoanalisi, che raccoglie le vite dei principali esponenti della psicoanalisi degli esordi [3]. Martin Grotjahn, nel capitolo dedicato a Groddeck, ricorda l’episodio del congresso del 1920: l’arrivo con Emmy von Voigt (la “donna che non era sua moglie” dei Grossman), la famosa frase di apertura con conseguente sgomento di molti degli astanti e, in stridente contrasto, la grande simpatia dimostrata da Freud, la delusione per l’accoglienza ricevuta al congresso e il suo attaccamento pressoché esclusivo a Freud (e non al movimento psicoanalitico). Due i dati nuovi: anzitutto l’aggiunta di Frieda Fromm-Reichmann all’elenco delle persone che restarono affascinate dalla sua conferenza; in secondo luogo il seguente dettaglio:

“Soltanto quando i due [Georg ed Emmy] contrassero regolare matrimonio Freud ebbe il coraggio di ammettere che, a causa di quel poco o tanto di vittoriano che era in lui, lo aveva contrariato il fatto che Groddeck avesse portato con sé l’amante [“mistress” nell’ed. inglese] al primo congresso a cui partecipava” (Grotjahn, 1966a, 264; Grotjahn, 1966b, 312; parentesi quadre mie).

Ci sono inoltre alcune importanti differenze rispetto alla ricostruzione dei Grossman, peraltro dichiarata fonte di Grotjahn. Anzitutto della conferenza viene detto: “invece di leggere la comunicazione già preparata, si lasciò andare alla libera associazione di idee” (Grotjahn, 1966a, 264); inoltre le considerazioni di Anna Freud e di Ernest Jones vengono sì citate, ma in merito a Il libro dell’Es, non alla conferenza:

“Se ne interessò vivamente persino Anna Freud, di solito tanto scettica. Ernest Jones lo trovò divertente e ‘trascinante’” (Grotjahn, 1966a, 264).

Tacciono per lo più gli anni settanta: sull’episodio non riferiscono né La scoperta dell’inconscio (Ellenberger, 1970), né Freud e i suoi seguaci (Roazen, 1975). Vi ritorna però di nuovo Grotjahn nel 1971, in un testo portato alla mia attenzione da Beate Schuh della Georg Groddeck Gesellschaft (comunicazione personale; email del 24.01.2022). In questa nuova e ancor più sintetica ricostruzione non viene fatto riferimento alla presenza di Emmy von Voigt e scompare anche il nome di Frieda Fromm-Reichmann. Jones e Anna Freud sono citati, questa volta in linea con la ricostruzione dei Grossman – anche qui sua (unica?) fonte – e non più con quella dello stesso Grotjahn di solo quattro anni prima (Grotjahn, 1971, 149 n. *, 152).

Negli anni ’80 si susseguono due importanti e tuttora valide biografie di Freud: quella di Ronald Clark, giusto all’inizio del decennio (Clark, 1980) e, all’altro estremo, quella di Peter Gay (Gay, 1988).

Clark si rifà come Grotjahn al volume dei Grossman e scrive: “Groddeck… si rovinò la reputazione con un comportamento anomalo”. Dopodiché cita tra virgolette i passaggi dei due autori relativi alla confusione e alla disorganizzazione della sua conferenza (Clark, 1980a, 417 e 604 nn. 35, 36, 37). Infine ricorda che Groddeck si presentò al congresso con la sua "amante" ("mistress" nell'originale; Clark, 1980b, 403), “offendendo così profondamente il senso della convenienza di Freud” (Clark, 1980a, 418).

Anche Gay, ci informa che Groddeck arrivò al congresso accompagnato dalla sua “amante” (“mistress” nell’originale; Gay, 1988b, 408) e continua:

“La sua relazione appare abbastanza confusa: è un esercizio sconnesso di libere associazioni su quella che verrà successivamente chiamata la medicina psicosomatica… parla con gli accenti dell’entusiasmo, che alla fine riescono poco convincenti, e trova quindi pochi sostenitori, ma tra questi Freud” (Gay, 1988a, 369).

Come ci informano le note del testo (Gay, 1988a, 639) e il saggio bibliografico che lo completa (Gay, 1988a, 702), anche in questo caso la fonte è la biografia dei Grossman.

Circa un decennio dopo Gay, il tedesco Wolfgang Martynkewicz dedica al pioniere della psicosomatica una nuova e ricca biografia in cui conferma che Groddeck si presentò al congresso de L’Aia con l’amante (“Geliebte” nell’originale), Emmy von Voigt, con ciò offendendo i membri dell’Associazione. Alla fine della seconda giornata di lavori, dunque il 9 settembre, in uno stato di sovraeccitazione dovuto alla gioia di poter finalmente incontrare Freud di persona, “tiene una relazione che somiglia piuttosto a un discorso conviviale” (Martynkewicz, 1997, 260). Anch’egli cita Ferenczi, Rank, Horney e Simmel tra i membri che apprezzarono il suo intervento. E aggiunge che la

“spontaneità della sua messa in scena si deve probabilmente al fatto che Groddeck nell’agitazione ha dimenticato in albergo il manoscritto e quindi fa di necessità virtù” (Martynkewicz, 1997, 261).

Non è così chiaro quali siano le fonti impiegate da Martynkewicz: il testo non ha la consueta bibliografia, ma è corredato di note in cui vengono riportati di volta in volta i testi e i documenti consultati a riprova di questa o quella informazione. Purtroppo non ce ne sono per il passaggio in questione. Verrebbe da pensare che abbia consultato gli atti del congresso (in cui compare l’elenco dei relatori e la sequenza dei loro interventi) e/o il testo dei Grossman, se non altro perché anche lì si trova indicato il momento in cui Groddeck fece la sua conferenza e vengono fatti gli stessi nomi tra coloro che la apprezzarono. Ma devo precisare che egli non cita mai nessuna delle due fonti.

Di Peter-André Alt, infine, la versione più recente (2016). L’autore si rifà per l’episodio esclusivamente a Martynkewicz e riferisce che Groddeck fu il decimo (non si comprende da dove tragga questa ulteriore specificazione) e ultimo relatore del 9 settembre e che avendo dimenticato in albergo il manoscritto, improvvisò un discorso caotico che non piacque all’uditorio (Alt, 2016, 650 e 964 n. 85).

Considerazioni

Già a un primo sguardo sono evidenti le incongruenze tra le ricostruzioni, benché in fin dei conti facciano tutte riferimento o direttamente (Grotjahn, Clark, Gay) o indirettamente (Martynkewicz (?), Alt) al testo dei Grossman, cui aggiungono o tolgono questo o quel particolare, in maniera apparentemente arbitraria.

Tutti gli autori concordano naturalmente sul fatto che Groddeck fu presente al congresso e che il modo in cui tenne la conferenza fece storcere il naso a parecchi dei presenti, ma il resto appare molto più incerto e anche tralasciando i dettagli puramente narrativi e accessori dei Grossman (come ad esempio quel: “guardò l’uditorio con aria di sfida”), sorgono diverse perplessità: Groddeck si presentò davvero in compagnia di Emmy? E con quale effetto sui convenuti? Aveva preparato o no un testo da leggere? E se non lo lesse fu perché lo aveva dimenticato in albergo o per qualche altro motivo? Che dire infine dell’impressione che fece su Anna Freud, su Jones, Ferenczi, Rank, Simmel, Karen Horney e Frieda Fromm-Reichmann?

Cercherò per quanto mi è possibile di sbrogliare la situazione ricorrendo ai documenti a me disponibili, in particolare gli atti del congresso, apparsi sul quarto fascicolo dell’Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse del 1920 (Anonimo, 1920) o meglio, sul Korrespondenzblatt, che era stato annesso alla Zeitschrift sin dal momento della sua fondazione nel 1913 (Giefer, 2007) (Anonimo, 1920) e i vari carteggi freudiani.

Ebbene, gli atti confermano che Groddeck espose durante la seconda giornata del congresso, il 9 settembre e che fu l’ultimo relatore. Al contempo ci consentono di correggere una piccola imprecisione commessa da Alt: il suo non fu infatti il decimo, ma il nono intervento della giornata, dopo quelli di, nell’ordine, Gerbrandus Jelgersma, Hanns Sachs, Theodor Reik, Géza Róheim, Ernst Simmel, Sigmund Freud, Sándor Ferenczi, EugeniaSokolnicka (Anonimo, 1920, 379).

Altre questioni risultano meno agili da sbrogliare.

A proposito di Anna Freud, Ernest Jones ecc…

Le biografie riportano alcune reazioni personali suscitate dalla performance di Groddeck. È molto verosimile che Ferenczi, Rank, Simmel e la Horney (Grossman, Grotjahn, Martynkewicz) l’abbiano apprezzata: nel corso degli anni, infatti, sarebbero tutti rimasti in buoni rapporti o addirittura in amicizia con Groddeck. D’altra parte appare assai inverosimile l’aggiunta di Frieda Fromm-Reichmann a questa lista di ammiratori del 1920 (Grotjahn, 1966). Certamente la Fromm-Reichmann sarebbe divenuta una delle più fedeli amiche di Groddeck e gli sarebbe stata al fianco fino alla di lui morte (Martynkewicz, 1997, 336), ma non compare nell’elenco dei partecipanti al congresso de 1920. Proprio in quell’anno, inoltre, iniziava a lavorare a Dresda come terapeuta impiegando il training autogeno e il suo avvicinamento alla psicoanalisi appare di poco successivo. Risulta che conobbe Groddeck nel 1922, quando questi si avvicinò a quel gruppo di “uomini di Freud del sudovest tedesco”, di cui parla nella lettera a Freud del 23 novembre di quell’anno e di cui appunto faceva parte anche la Fromm-Reichmann (Martynkewicz, 1997, 280).

Quanto a Ernest Jones, secondo i Grossman fu divertito dalla conferenza di Groddeck. Solo un anno più tardi Grotjahn cita Jones, ma per la sua reazione positiva a Il libro dell’Es (1923) di Groddeck, che trovava “trascinante” (“racy” nell’originale; Grotjahn, 1966b, 312). Si tratta di un grossolano errore. L’aggettivo “racy”, virgolettato nell’originale, conferma che Grotjahn trae l’informazione o direttamente da Jones (Jones, 1957a, 102; Jones, 1957b, 78) oppure dai Grossman, che riportano, anch’essi virgolettandolo, lo stesso aggettivo (Grossman, Grossman, 1965, 113 [4]): ma in entrambi i casi si sta parlando del volume di Groddeck … Lo scrutatore d’anime, del 1921! Grotjahn dunque non si mostra qui affidabile nella consultazione delle sue fonti e possiamo escludere senz’ombra di dubbio questa sua informazione. L'autore risulta più preciso ma non per questo più affidabile nel 1971, quando indica Jones come il solo che si divertì ascoltando la conferenza di Groddeck. Tuttavia non fa che riportare la versione dei Grossman, senza aggiungere altre fonti a sostegno. Personalmente di fonti del genere non ne ho trovate, nessuna traccia di un commento di Jones sulla conferenza di Groddeck. E mi vien da dire che se ne fosse stato colpito, avrebbe speso qualche parola in più nella sua biografia di Freud.

Diversa ancora è la situazione per quanto riguarda Anna Freud, anch’ella chiamata in causa dai Grossman e da Grotjahn. Assodato grazie agli atti che fu presente ai lavori del congresso, sappiamo dalla lettera di Freud a Groddeck del 17 aprile 1921 che in quell’occasione non si fece una buona impressione del medico tedesco, ma che l’anno seguente ne apprezzava le pagine de Lo scrutatore d’anime:

“… mia figlia che finora è stata, oltre a me, l’unica persona che le ha lette, e nonostante una certa antipatia che le era rimasta dal tempo dell’Aia, ha avuto la stessa impressione [molto positiva]” (Freud, Groddeck, 1970, 46-7).

I Grossman affermano che la figlia di Freud si sentì oltraggiata della relazione di Groddeck e indicano a riprova la risposta che ella diede trentacinque anni più tardi (dunque nel 1955), interrogata sugli eventi del congresso. Si riferiscono a un’intervista? Non è dato sapere, poiché invano si cercherebbero indicazioni più specifiche nel loro testo. Per la verità i Freud Archives della Library of Congress di Washington, D.C. conservano un’intervista di Kurt Eissler ad Anna Freud del 25 settembre 1956: con la data dunque ci siamo quasi, 36 anni anziché 35, ma il contenuto di quelle 36 pagine non riguarda minimamente il congresso de l’Aia, anche se va detto che le scansioni disponibili non riportano l’intera intervista. Il dato dei Grossman resta dunque parzialmente dubbio: possiamo confermare che Anna Freud fu presente al congresso e non ne ricavò una buona impressione di Groddeck, ma non sappiamo di preciso da cosa dipese il suo giudizio. Ammetto comunque di essere propenso a dar fede qui ai due biografi e a credere nell’esistenza di questa intervista, poiché sarebbe davvero colossale che se la siano inventata di sana pianta: soltanto, sarebbe bello poterla leggere!

Quanto a Grotjahn, nel 1966 nomina Anna al fianco di Jones, per il suo apprezzamento di un testo di Groddeck: probabilmente anche in questo caso si rifà a un preciso passaggio dei Grossman (Grossman, Grossman, 1965, 106), ma commette di nuovo l’errore di riferire il tutto al libro sbagliato, L’Io e l’Es e non richiede dunque ulteriori commenti. Nel testo del 1971, invece, riporta correttamente la ricostruzione dei Grossman, alludendo senza ulteriori precisazioni a quanto ricordato da Anna Freud "molti anni più tardi" (Grotjahn, 1971, 152).

La presenza di Emmy

La presenza dell’amante Emmy von Voigt a fianco di Groddeck, con relativo effetto sconcertante sui presenti, è riportata dalla maggior parte degli autori tranne Jones e Alt. Va però precisato che quest’ultimo si basa su Martynkewicz (che cita la donna) e pur tacendo sul dettaglio non prende le distanze da esso. Per parte sua Jones, l’unico tra i biografi a essere testimone diretto degli eventi, se da un lato non cita Emmy von Voigt, dall’altro nemmeno menziona la presenza della moglie di Ferenczi e di quella di Rank.

Per capire da dove origini l’informazione ho inizialmente seguito l’indizio di Grotjahn riportato più sopra, secondo cui lo stesso Freud, dopo il matrimonio dei Groddeck, avrebbe ammesso di essere stato contrariato dalla presenza di Emmy al congresso de L’Aia. Ma questa si è rivelata per me una strada senza uscita: non ho individuato quando e a chi Freud avrebbe fatto questa ammissione, eccezion fatta per un’allusione che vi si può avvicinare e di cui riferirò più avanti.

Un appiglio apparentemente ben più solido lo offre Martynkewicz che in una tavola fuori testo della sua biografia riporta la fotografia di gruppo scattata durante il congresso de l’Aia e in cui in una delle ultime file, al centro, individua il volto di Emmy. L’immagine è suggestiva poiché, anche se l’autore non lo fa notare, Groddeck, anch’egli presente nella foto, pare guardare esattamente nella direzione di Emmy, così come Ferenczi, al centro in prima fila, guarda la moglie Gizella, seduta subito alla sua sinistra.

 

Figura 1: fotografia di gruppo dei partecipanti al congresso psicoanalitico de L’Aia (1920). Le frecce in arancio indicano i coniugi Ferenczi, quelle in giallo Emmy von Voigt e Georg Groddeck. Fonte: Freud Museum London).

Considerato tuttavia che la foto non ha buona risoluzione e che non sono riuscito a confrontare adeguatamente quel volto con le altre poche immagini di Emmy von Voigt che sono riuscito a recuperare (anch’esse in Martynkewicz), ho domandato a Beate Schuh della Georg Groddeck Gesellschaft, la quale ha confermato come indubitabile l’identificazione (comunicazione personale, email del 24.01.2022).

Avanzo tuttavia dubbi sul fatto che i convenuti al congresso del 1920 potessero rimanere scandalizzati dal presentarsi di Groddeck con Emmy. Egli era al tempo praticamente uno sconosciuto: in quanti avrebbero potuto sapere che aveva una moglie e che questa moglie non era la donna al suo fianco? Dobbiamo forse immaginarci Groddeck che si aggira per il congresso dichiarando di avere lasciato a casa la moglie e presentando a tutti Emmy come la sua amante? Improbabile, soprattutto perché non era propriamente questa la sua situazione. Come lo stesso Groddeck dichiara nella lettera a Freud del 23 novembre 1922, egli viveva “già da molti anni separato da mia moglie” [5], Else von der Goltz, che tuttavia non gli concedeva il divorzio per l’impossibilità di raggiungere un soddisfacente accordo economico a causa del periodo di iperinflazione che aveva colpito la Germania del primo dopoguerra. Solo il 12 luglio 1923 sarebbe stata emessa la sentenza di divorzio e poco dopo Georg ed Emmy avrebbero ufficializzato la loro unione (Freud, Groddeck, 1970, 120 n. 6; Martynkewicz, 1997, 288 – qui più affidabile in quanto si premura di citare alcune fonti). Come avrebbe potuto Groddeck essere accompagnato dalla moglie, che non viveva più con lui? E si può ancora definire Emmy sua “amante”, come fanno Grotjahn, Gay e Martynkewicz?

I miei dubbi hanno peraltro trovato conforto in un confronto con lo psicoanalista e storico della psicoanalisi Michael Giefer, il quale è netto nel sostenere che ciò che fece scandalo al congresso fu la conferenza di Groddeck, non la presenza di Emmy. Porta inoltre l’attenzione sul fatto che ancora nella lettera a Freud del 31 dicembre 1920 (dunque successiva all’evento; Freud. Groddeck, 1970, 45), Groddeck indica Emmy von Voigt come sua “assistente” (comunicazione personale, email del 28.01.2022). Che senso avrebbe avuto esprimersi così, se Freud (come gli altri presenti al congresso) fosse già stato a conoscenza del tipo di relazione tra i due?

Di fronte a queste perplessità, propongo una nuova narrazione degli eventi, forse non più certa ma senz’altro maggiormente rispondente ai dati a mia disposizione: confermato che quel volto nella foto di gruppo del 1920 è di Emmy von Voigt, ritengo che la questione dello “scandalo” sollevato dal loro presentarsi come coppia sia da spostarsi al successivo congresso di Berlino del 1922. Vediamo perché.

Di certo anche in quell’occasione Groddeck si presentò con la sua compagna (lettera di Groddeck a Freud del 23 novembre 1922). Inoltre nel carteggio Freud-Groddeck si allude a qualcosa che accade in quell’occasione e che non piacque per nulla alla von Voigt: il fatto che sia lei sia Groddeck ne scrivano a Freud più di un anno dopo ci fa intuire che si trattò di qualcosa di significativo. Il 18 dicembre 1923 Freud risponde a una lettera di Emmy (purtroppo non riportata nel carteggio):

“Naturalmente io ho un’opinione molto più benevola sull’ambiente che Lei ha incontrato a Berlino nel 1922, e chiudo un occhio su tutte quelle debolezze umane” (Freud-Groddeck, 1970, 86).

Poco dopo, il 4 gennaio 1924, Groddeck torna ad alludere brevemente alla questione:

“Mia moglie verrà con me a Salisburgo. Forse lì riceverà un’impressione diversa che a Berlino” (Freud, Groddeck, 1970, 88).

Tanto l’indicazione dell’anno nel primo stralcio, il 1922, quanto l’accostamento fatto da Groddeck nel secondo tra Salisburgo e Berlino chiariscono che il riferimento è al congresso di Berlino e non a qualche altra occasione di soggiorno della coppia in quella città. Salisburgo è infatti la sede designata per il congresso del 1924 e giusto a questo ha accennato Freud nella lettera a Emmy von Voigt del 18 dicembre 1923.

Altro dato interessante è che questo scambio avviene poco dopo la lettera in cui Groddeck annuncia a Freud la regolarizzazione della sua relazione con la von Voigt (lettera dell’8 novembre 1923; Freud-Groddeck, 1970, 84), cui Freud risponde il 25 novembre:

“prima di tutto i miei più cordiali auguri, in fondo io sono per la regolarità” (Freud, Groddeck, 1970, 84).

Se riporto quest’ultima considerazione di Freud è perché è la cosa più vicina all’affermazione fatta da Grotjahn secondo cui:

“Soltanto quando i due contrassero regolare matrimonio Freud ebbe il coraggio di ammettere che, a causa di quel poco o tanto di vittoriano che era in lui, lo aveva contrariato il fatto che Groddeck avesse portato con sé l’amante al primo congresso a cui partecipava” (Grotjahn, 1966a, 264).

Che sia la fonte di quanto afferma Clark, ossia che in quell’occasione Freud sentì offeso (“profondamente”!) il suo “senso della convenienza"?

Ma come si vede non vi si fa il minimo riferimento al congresso dell’Aia e più in generale ad alcun congresso. Anche Michael Giefer ritiene non vi siano prove da cui dedurre un risentimento di Freud verso la coppia (comunicazione personale; email del 28.01.2022).

Ancora, si tenga conto che al congresso di Berlino nel 1922 Groddeck non era più uno sconosciuto: non solo per via della sua partecipazione al precedente congresso de L’Aia, ma anche perché aveva nel frattempo pubblicato (tra l’altro) il romanzo psicoanalitico Lo scrutatore d’anime; inoltre non era ancora separato dalla moglie Else.

Ora abbiamo tutti i dati per la nuova ricostruzione: quando Groddeck si presentò a Berlino con Emmy von Voigt era noto ai più; facilmente qualcuno poteva essere a conoscenza della sua situazione personale e della relazione sentimentale con la donna che lo accompagnava, oppure la coppia, più a suo agio rispetto al congresso di due anni prima, si comportò più spontaneamente lasciando intuire lo “sconveniente” legame d’amore. In ogni caso, c’erano questa volta le condizioni per il manifestarsi di reazioni indignate, per quelle che un anno più tardi Freud avrebbe definito “debolezze umane”, forse cercando di giustificare i suoi adepti (anche se poche settimane prima aveva ammesso con Groddeck di preferire egli stesso la regolarità del matrimonio…). Se così accadde, si può comprendere la prolungata amarezza di Emmy von Voigt e il fatto che ella tornasse a commentare gli eventi scrivendo a Freud l’anno successivo, poco dopo il matrimonio che veniva infine a legalizzare, a “regolarizzare” la sua relazione con Groddeck. 

Il testo della conferenza

Credo che la questione del testo della conferenza rappresenti lo sconsolante apice di questa parte dell’indagine. In un vero e proprio esempio di “telefono senza fili”, si parte con i Grossman, che negano l’esistenza di un testo approntato in anticipo da Groddeck per il congresso e anzi affermano che solo all’ultimo e per volere di Freud gli venne chiesto di dire “qualche parola” sul suo Condizionamento psichico e trattamento psicoanalitico delle affezioni organiche; si passa per Grotjahn che dichiara, sulla base dei Grossman (!) che Groddeck aveva preparato un testo che poi non lesse, e per Martynkewicz, che aggiunge il dettaglio che “probabilmente” Groddeck aveva dimenticato quel testo in albergo; si termina con Alt, che assolutizza la dimenticanza eliminando il “probabilmente”. E se di nuovo la versione di Grotjahn (duplice, si ricordi!) risulta inverosimile perché fondata su una fonte che afferma esattamente il contrario, non va meglio con i due biografi successivi: Alt si appoggia a Martynkewicz e questi non dichiara da dove abbia tratto l’informazione (come del resto i Grossman…).

Dunque? Groddeck aveva o no preparato un testo da leggere al congresso? Una noticina del carteggio Freud-Groddeck, la numero 26 a pagina 116, risponde affermativamente e rinvia a una raccolta di scritti di Groddeck (Groddeck, 1966) che lo riporta alle pagine 101 e seguenti con il titolo: Über die Psychoanalyse des Organischen im Menschen [Sulla psicoanalisi dell’organico nell’uomo] (Groddeck, 1921a). Sorprenderà forse sapere che questo saggio esiste da oltre trent’anni anni in traduzione italiana: si trova nel numero 19 dei Quaderni di psicoterapia infantile (1989) (Groddeck, 1921c), come ci ricorda anche l’edizione nostrana della biografia di Martynkewicz (Martynkewicz, 1997, 350). Peccato che né in Martynkewicz né in Quaderni di psicoterapia venga chiarito trattarsi proprio della conferenza del 1920 né ci siano indicazioni per risalire all’originale. L’unico risultato di tutto ciò è una nuova domanda: su che base il carteggio Freud-Groddeck dichiara che quel testo è la conferenza di cui siamo in cerca? In fondo siamo, potremmo dire, 2 a 1, con Martynkewicz e i Quaderni che non confermano il fatto e il carteggio che invece lo dà per certo. Non resta che provare a consultare l’originale tedesco, nel cui indice, con sorpresa e sollievo troviamo il titolo del nostro testo con un inequivocabile sottotitolo tra parentesi tonde: “Relazione tenuta al VI Congresso internazionale di psicoanalisi de L’Aia, settembre 1920” (Groddeck, 1966, pagina non numerata). Di più, è dato un utilissimo rinvio alla pubblicazione originale del lavoro: Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse, 1921 (VII), 252-63 (Groddeck, 1921b)… la cui consultazione non fa che rinnovare la sorpresa. Qui infatti lo scritto di Groddeck non viene indicato come testo della conferenza, ma come “da una conferenza al VI congresso ecc…” (“Nach einem Vortrag am VI…”; Groddeck, 1921c, 252 n.1). Indicazione assai differente da quella usualmente impiegata nella Zeitschrift in occasione della pubblicazione di testi letti durante i congressi. Prova ne sia, per fare solo un esempio, la dicitura che accompagna l’articolo precedente sullo stesso numero della rivista, quello ben più noto di Ferenczi, Ulteriore estensione della “tecnica attiva” in psicoanalisi, e che suona: “Vortrag gehalten am VI…” [“Conferenza tenuta al VI…”]  (Ferenczi, 1921, 233 n. 1).

La differenza può apparire da poco, ma marca il crinale tra l’esistenza e la non esistenza di un testo preparato a priori da Groddeck per il congresso, facendoci propendere per il no, a favore dei Grossman [6] e contro le aspettative create dalla più consistente compagine avversaria: Grotjahn, Martynkewicz, Alt, la raccolta di scritti di Groddeck del 1966 e il di poco successivo carteggio tra lui e Freud!

Solo in questo modo possiamo comprendere appieno quanto si scrivono Groddeck e Freud a partire dal 17 ottobre 1920, dunque poco dopo il Congresso, quando il primo invia al secondo il saggio in questione:

“… Le mando un’eco dei giorni del Congresso. Per me questo tentativo di affrontare questioni di terminologia è una necessità, perché rischio sempre di essere frainteso. Dopo questa prova spero di esser degno del diploma [7] di psicoanalista e di poter tornare, con la coscienza placata, al mio gergo personale, con cui mi trovo meglio e che mi lascia la libertà di pensare ciò che devo pensare” (Freud, Groddeck, 1970, 39).

Freud risponde dopo quasi un mese (13 novembre):

“… mi fa molto piacere che siamo riusciti a carpirLe un saggio così bello e ‘garbato’. Si trova già nel dossier della redazione e ne uscirà (speriamo!) per comparire nel secondo numero del nuovo anno [in realtà uscirà sul terzo]” (Freud, Groddeck, 1970, 41, parentesi quadre mie).

Si intuisce da queste righe che Sulla psicoanalisi dell’organico nell’uomo venne scritto da Groddeck dopo il congresso, probabilmente su richiesta esplicita di Freud, a giudicare dalla sua risposta (purtroppo non abbiamo a conferma la lettera di Freud che precede quella di Groddeck del 17 ottobre). Suppongo del resto che se Groddeck avesse avuto il testo già bell’e pronto si sarebbe limitato a inviare quello.

Se con ciò si dà dunque ragione alla narrazione dei Grossman, secondo cui Groddeck non avrebbe preparato in anticipo alcun testo da leggere, non possiamo tuttavia affermare con loro che ciò dipese dal fatto che non era previsto un suo intervento come relatore. Per quanto ne sappiamo potrebbe non avere preparato alcun testo perché, come si evince anche dalla sua lettera a Freud del 17 ottobre 1920, questo era più nelle sue corde.

Per la verità, si badi, nemmeno possiamo dire con certezza che diede con la propria conferenza un’esemplificazione del processo delle associazioni libere (Grossman, Grotjahn, Clark, Gay). Più equilibrato appare qui Martynkewicz che parla di “discorso conviviale”, che certo si caratterizzò per qualcosa di “strano”, ma forse più sul piano dei contenuti che dello stile della presentazione: è infatti a proposito di questi che Freud, a congresso non ancora terminato, gli chiese se andassero presi sul serio (lettera di Groddeck a Freud dell’11 settembre, 1920; Freud, Groddeck, 1970, 38-9) [8].

Conclusione

La conclusione di questo percorso di scandaglio critico delle fonti storiche e storiografiche sulla presenza di Groddeck a L’Aia appare alquanto deludente. Delusione che in parte è da attribuire all’imprecisione degli autori consultati nell’indicare (e a volte nell’impiegare) le loro fonti, in parte ai limiti delle mie ricerche e delle mie possibilità di verificare le ricostruzioni storiche altrui. Anche Beate Schuh conviene che, ad esempio, la ricostruzione di Grotjahn del 1971 non sia solidamente fondata (comunicazione personale; email del 24.01.2022) e Michael Giefer constata più in generale che “tutti i racconti su Groddeck al congresso de L’Aia sono aneddotici” (comunicazione personale; email del 28.01.2022).

In sostanza, dei fatti qui indagati quel che è certo è solo che Groddeck fu presente con Emmy von Voigt al congresso del 1920, parlò senza seguire un testo prestabilito (molto probabilmente perché non lo aveva preparato) e per un motivo o per un altro non fece una buona impressione ad Anna Freud, presente ai lavori come ospite. Questa volta dunque, a differenza di tante altre, sembra più saggio seguire la stringata ricostruzione offertaci da Jones e da cui siamo partiti, che se pur manca di diversi particolari, di sicuro non ne distorce e non ne inventa altri.

Il nostro percorso critico si è basato spesso sull’“assenza di evidenza” che ci ha portati ad escludere o modificare non pochi dettagli della storia tramandatasi. Ma come mi insegna Edoardo Bisiach, mio maestro in tutt’altro campo di ricerca, la neuropsicologia clinica, “l’assenza di evidenza non è l’evidenza dell’assenza” e restano dunque possibilità e speranza di trovare ulteriore materiale che consenta di tornare ad arricchire, su più solide basi, la scarna ricostruzione attualmente guadagnata. Perciò invito chiunque ne sia a conoscenza a segnalarmi documenti e fonti dirimenti che senz’altro ho tralasciato in questo scritto.

In ogni caso, in attesa degli auspicati sviluppi della ricerca, resta da chiarire cosa abbia realmente detto Groddeck durante la sua conferenza: sarà questo il tema del prossimo contributo.




Bibliografia

Alt P.-A., Sigmund Freud. Der Arzt der Moderne. Eine Biographie, C. H. Beck, München, 2016.

Anonimo, Bericht über dem VI. Internationalen Psychoanalytischen Kongreß im Haag. 8. bis11. September 1920. In Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse, 1920 (VI), Heft 4, 376-402. 

Clark R. W. (1980b), Freud, Rizzoli, Milano, 1983.

Ellenberger H. (1970), La scoperta dell’inconscio, Bollati Boringhieri, Torino, 1976.

Freud S., Ferenczi S., Briefwechsel. Band III/1 1920 bis 1924, Böhlau Verlag, Wien-Köln-Weimar, 2003.

Freud S., Groddeck G. (1970), Carteggio Freud-Groddeck, Adelphi, Milano, 1973.

Gay P. (1988a), Freud, una vita per i nostri tempi, Edizione CDE, Milano, 1988.

Gay P. (1988b), Freud. A Life for our Time, Norton & Company, New York – London, 1988.

Giefer M., Vorwort und Hinweise zur Nutzung der CD. In Korrespondenzblatt der Internationalen Psychoanalytischen Vereinigung 1910-1941.

Groddeck G., Dr. Georg Groddeck (Baden-Baden), Über die Psychoanalytische Behandlung organischer Krankheiten. In Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse, 1920 (VI), Heft 4, 399.

Groddeck G. (1921a), Über die Psychoanalyse des Organischen im Menschen. In Groddeck G., Schriften zur Psychosomatik, Limes Verlag, Wiesbaden, 1966, 101-14.

Groddeck G. (1921b), Über die Psychoanalyse des Organischen im Menschen. In Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse, 1922 (VII), Heft 3, 252-63.

Groddeck G. (1921c), Sulla psicoanalisi dell’organico nell’uomo. In Quaderni di psicoterapia infantile, 1989 (19), 125-38.

Groddeck G. (1966), Schriften zur Psychosomatik, Limes Verlag, Wiesbaden, 1966.

Grossman C. M., Grossman S., The Wild Analyst, Georg Braziller Inc., New York, 1965.

Grotjahn M. (1966a), Georg Groddeck (1866-1934). L’analista indomito. In Alexander F., Eisenstein S., Grotjahn M., Pionieri della psicoanalisi, Feltrinelli, Milano, 1971.

Grotjahn M. (1966b), Georg Groddeck 1866-1943. The untamed Analyst. In Alexander F., Eisenstein S., Grotjahn M., Psychoanalytic Pioneers, Basic Books Inc., 1966, 308-20.

Grotjahn M., The Voice of the Symbol, Mara Books, Los Angeles, 1971.

Jones, E. (1957a), Vita e opere di Freud. L’ultima fase (1919-1939), vol. III, Il Saggiatore, Milano, 1962.

Jones E. (1957b), The Life and Work of Sigmund Freud. Volume 3. TheLast Phase 1919-1939, Basic Books Inc., New York, 1957.

Lualdi M., Georg Walther Groddeck: omaggio a un “audace pioniere”. In AA. VV., Dall’anima al corpo (e ritorno). Le malattie psicosomatiche in un’ottica psicoanalitica, Edizioni Anfora, Milano, 2011, 132-54.

Martynkewicz G. (1997), Georg Groddeck. Una vita, Il Saggiatore, Milano, 2005.

Meng H., Georg Groddeck. In Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse, 1934 (XX), Heft 3, 408-11.

Roazen P. (1975), Freud e i suoi seguaci, Einaudi, Torino, 1998.



[1] Scrivo “almeno” perché il conteggio è reso incerto dal fatto che diversi nomi dell’elenco sono solo appuntati. Mi sono basato sui titoli “Frau”, “Frl”, “Mrs”, “Miss”. Ma non tutte le donne sono indicate in tal modo. In altre situazioni solo la presenza del nome completo mi ha consentito di identificare il sesso (ad es.: “Dr. Karen Horney”, “Dr. Estelle Maude Cole).

[2] Sulla figura e il pensiero di Groddeck rimando anche a Lualdi, 2011.

[3] Segnalo che l’edizione italiana di questo volume, preziosa fonte di informazioni per la storia della psicoanalisi è immotivatamente incompleta. Mancano infatti i capitoli dedicati a Eduard Hitschmann, Moshe Woolf, Abraham Arden Brill, Smith Eli Jelliffe, Victor Tausk, Heinrich Meng, Hans Zulliger, Paul Ferdinand Schilder, nonché due capitoli finali sulla psicoanalisi in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America. In altre parole, su un totale di 41 capitoli, ne mancano 10, pari alla non irrilevante perdita di poco meno del 25%.  Purtroppo non è l’unico caso di testo psicoanalitico mutilato nella traduzione. Un caso ben più recente e più consistente è l’edizione italiana assai parziale delle lettere ai figli di Freud, pubblicata dall’editore Archinto nel 2013 con il titolo Intanto rimaniamo uniti. Basti considerare che mentre il volume tedesco (Unterdeß halten wir zusammen) consta di 683 pagine, quello nostrano si riduce a 284. Sono tagli che se da un lato rispondono alle logiche di mercato cui devono pur adattarsi le case editrici, dall’altro possono avere pesanti ripercussioni sulla trasmissione di un sapere che pur rappresenta la ragion d’essere di questi volumi e delle loro traduzioni.

Fortunatamente Pionieri della psicoanalisi è gratuitamente consultabile nella sua edizione integrale inglese online sul sito archive.org previa iscrizione (altrettanto gratuita e non vincolante).

[4] L’aggettivo “racy”, reso nella traduzione italiana di Grotjahn con “trascinante” (Grotjahn, 1966a, 364), si trova invece tradotto nell’edizione italiana della biografia di Jones con “di classe” (Jones, 1957a, 102). A me pare una resa fuorviante e preferisco “osé”.

[5] I Grossman specificano pur senza indicare la fonte, che la separazione permanente era avvenuta nel 1914 (Grossman, Grossman, 1965, 63).

[6] Si consideri che i Grossmann ribadiscono la loro posizione in merito alla non esistenza di un testo preparato per il congresso de L’Aia, quando riferiscono della partecipazione di Groddeck al successivo, tenutosi a Berlino nel 1922: “Questa volta aveva preparato in anticipo i suoi appunti” (Grossman, Grossman, 1965, 126, corsivo mio). La loro posizione è inequivocabile, motivo in più per esigere dai successivi autori un fondamento altro dal riferimento proprio testo dei Grossman per la loro ricostruzione del tutto opposta! Ma siccome le cose non sono mai così semplici, va aggiunto che il manoscritto dell’intervento di Groddeck al congresso del 1922 risulta introvabile, e dunque resta aperta la questione della fonte su cui si appoggiano i Grossman nell’affermarne l’esistenza, cosa di cui personalmente dubito molto, come ho argomentato nella precedente parte II.

[7] C’è qui molto probabilmente un’allusione sarcastica all’accesa discussione avvenuta durante i lavori del congresso sulla questione dei diplomi (Diplom) certificanti l’abilitazione alla psicoanalisi, chiesti con veemenza in particolare dagli analisti americani per porre un freno alla cosiddetta “analisi selvaggia”, tema che riguardava Groddeck molto da vicino (Martynkewicz, 1997, 260, che trova conferma in Anonimo, 1920, 386-9).

[8] Abbiamo per contro prove che si lasciò andare alle libere associazioni durante una successiva conferenza, tenuta a Berlino nel 1925. Ce ne riferisce Martynkewicz che in questa occasione riporta come fonte la circolare del Comitato Segreto del 15 marzo 1925 (Martynkewicz, 1997, 298).

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