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Edvard Munch (1863-1944, "L'urlo" (1893) (fonte: wikimedia)
Michele M. Lualdi
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Ogni testo si fonda
su tutta una serie di presupposti che, in quanto tali, vengono a buon diritto dati
per scontati. Nel brano di apertura del Diario clinico (1932),
Ferenczi scrive:
“la paziente… da bambina
venne ampiamente abusata sessualmente dal padre, incapace di dominarsi, ma poi,
evidentemente per angoscia morale e paura sociale, diffamata, per così dire,
dal padre” (Ferenczi, 1932).
Ciò che rischia qui
di rimanere fin troppo in ombra è lo sfondo teorico contro il quale si staglia l’espressione
“incapace di dominarsi” (“unbeherrschten” nell’originale). Se infatti essa può
sembrare un inciso di poco conto, molto probabilmente veicola un’ipotesi etiologica
di Ferenczi, sulla base di alcuni presupposti scontati allora quanto difficilmente
intuibili oggi. Si riteneva infatti che l’incesto, a prescindere dalle
questioni legali, caratterizzasse in specie i malati mentali, i quali
commettevano un simile atto a causa dell’incapacità di trattenersi (Gilman,
1994, 55).
Magnus Hirschfeld,
giusto due anni prima che Ferenczi scrivesse il suo Diario clinico,
distingueva nettamente diverse tipologie di incesto tra cui:
“Così l’incesto è il
delitto preferenziale nelle fattorie isolate e nella cerchia proletarria in
senso stretto. Abbastanza spesso la figlia del proletario si dà alla
prostituzione, dichiarata o segreta, e padre e fratello non se ne
scandalizzano, la usano anch’essi in quanto tale perché – non costa nulla. Il contadino
che ha perso sua moglie ed è troppo povero per tenere una donna di servizio,
sfrutta [benutzt] sua figlia. Questi sono i casi condizionati in modo puramente
sociale. Che i malati di mente siano inclini all’incesto è una constatazione
facilmente spiegabile, poiché per i malati di mente, oltre alla completa
mancanza di freni, ancor più valida è la legge della via più breve e ritengo
questa la spiegazione più pregnante di questo fenomeno. La legge è: non
pensare, ma prendere” (Hirschfeld, 1930, 326).
Ferenczi, dunque, ci sta
probabilmente dicendo che l’abuso sessuale perpetrato dal padre della sua
paziente come il gesto di un malato di mente: l’angoscia morale e la paura
sociale provate successivamente impediscono di inserire il caso nella categoria
a pura spiegazione sociale.
Bibliografia
Gilman
S. L., Freud and the Sexuologists. In Reading Freud’s Reading, New York
Univeristy Press, New York and London, 1994.
Hirschfeld
M., Geschlecht und Verbrechen, Verlag für Sexualwissenschaft Schneider & Co., Leipzig, Wien, 1930.
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