Pagina 52: i diritti del lettore

Libro aperto (Anonimo, Scuola tedesca del XVI secolo) (fonte: wikipedia)

Michele M. Lualdi

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Tanto chi legge Autobiografia di Freud nell’edizione di OSF (Freud, 1924), quanto chi preferisce quella tedesca di Gesammelte Werke (Freud, 1925a) si perde un piccolo frammento del saggio scritto dall’autore. Né va meglio a chi interroga l’XI volume di Gesammelte Schriften (Freud, 1925b).
A mancare in tutti i casi è la pagina 52 del lavoro originale, l’ultima, che contiene una breve e parziale bibliografia del lavori di Freud, stilata dallo stesso. Sono convinto che spetti esclusivamente al lettore decidere se una parte di un testo  – per quanto minima possa sembrare – sia utile e significativa oppure no. E siccome, in quanto lettore, mi pare che questa pagina 52 un suo valore lo abbia, la ripropongo qui di seguito, facendola seguire dalle considerazioni che ha stimolato in me.


Bibliografia [1]

Tralascio i lavori istologici e di casistica del mio periodo di studi universitari e di libera docenza. Le successive pubblicazioni apparse come libri sono elencate in ordine cronologico.

1884. Sulla coca.
1891. Studio clinico sull’emiparalisi cerebrale [2] dei bambini (con il Dr. O. R i e).
1891. L’interpretazione delle afasie [3].
1893. Per la conoscenza [4] delle diplegie cerebrali [5] dell’infanzia [6], [7].
1895. Studi sull’isteria (con  J o s. B r e u e r).
1897. La paralisi cerebrale [8] infantile (Manuale [9] di  N o t h n a g e l).
1900. L’interpretazione dei sogni (7a ediz. 1922).
1901. Il sogno ([“]Grenzfragen[”] [10] di  L ö w e n f e l d, 3a ediz. 1922).
1901. Psicopatologia della vita quotidiana (apparso per la prima volta come libro nel 1904, 10a ediz. 1924).
1905. Tre saggi sulla teoria sessuale (5a ediz. 1922).
1905. Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio (4a ediz. 1925).
1907. Il delirio e i sogni nella [“]Gradiva[”] di W. J e n s e n (3a ediz. 1924).
1910. Sulla psicoanalisi [11] (lezioni a  W o r c e r s t e r  Mass[achusetts][)] (7a ediz. 1924).
1913. Totem e tabù (3a ediz. 1923).
1916/18. Introduzione alla psicoanalisi (4a ediz. 1922).
1920. Al di là del principio di piacere (3a ediz. 1923).
1921. Psicologia di massa e analisi dell’Io (2a ediz. 1923).
1923. L’Io e l’Es.

Numerosi miei saggi sulla psicoanalisi e le sue applicazioni sono apparsi come libri tra il 1906 e il 1922 nelle cinque  s e r i e  di “Sammlung kleiner Schriften zur Neurosenlehre” [Raccolta di piccoli scritti sulla teoria delle nevrosi]. Provengono per lo più da riviste il cui curatore sono io. (Internati[ionale] Zeitschrift für Psychoanalyse, Imago.).
Negli ultimi anni l’Intenat. psychoanalyt. Verlag [Casa editrice psicoanalitica internazionale] di Vienna ha intrapreso un’e d i z i o n e   c o m p l e t a  dei miei scritti, della quale attualmente sono disponibili cinque volumi. Un’edizione completa spagnola curata da  L o p e z   B a l l e s t r e r o s  per l’editore R. Castillo comprende già cinque volumi. La maggior parte dei volumi citati in questa bibliografia e molti saggi sono divenuti accessibili anche ai lettori non tedeschi grazie alle traduzioni (ad es. [“]Vita quotidiana[”]: russa, inglese, olandese, polacca, ungherese, francese, spagnola; [“]Introduzione [alla psicoanalisi”]: americana, inglese, olandese, francese, italiana, spagnola, russa).


Considerazioni

Nel momento in cui si affronta la lettura di un qualsivoglia testo volendo andare al di là del suo contenuto “manifesto”, può tornar utile una certa attenzione filologica. Di sicuro la meritano gli scritti di Freud, sia per il valore intrinseco che hanno, sia per il loro intrecciarsi con diversi percorsi storici, tra i quali ad esempio quello biografico dell’autore, quello delle teorie e del movimento psicoanalitici, ecc. Vi è poi una storia, in un certo senso minore, che ha a che vedere direttamente con il succedersi delle edizioni e delle traduzioni cui tali lavori sono andati incontro nel corso di oltre un secolo. O quasi, come è il caso di Autobiografia, la cui prima uscita risale a 98 anni fa. Le vicende delle sue successive pubblicazioni non sono molto lineari e per chiarire la situazione non è di molto aiuto il resoconto proposto dall’Avvertenza editoriale al testo in OSF, che presenta una lacuna e una contraddizione, entrambe di un certo rilievo.
Tenterò di fare un poco di ordine, lasciando emergere alcune questioni meritevoli di ulteriori approfondimenti e avanzando un’ipotesi sul destino, altalenante e poco felice, della nostra pagina 52.



Le principali edizioni

L’Avvertenza editoriale di OSF ad Autobiografia ci informa che Freud scrisse il saggio nel 1924, per il quarto degli otto volumi curati da Louis Ruyter RadcliffeGrote (1886-1960): Die Medizin der Gegenwart in Selbstdarstellungen [La medicina attuale in autobiografie], uscito l’anno successivo (Freud, 1925a). Il lavoro fu riproposto quattro anni più tardi nell’undicesimo volume di Gesammelte Schriften (GS) (Freud, 1925b), la prima raccolta degli scritti di Freud, interamente pubblicata durante la vita dell’autore e di nuovo nel 1934 come volume singolo (Freud, 1925c). Editore fu in entrambi questi due ultimi casi l’Internationaler psychoanalytischer Verlag, la casa editrice psicoanalitica internazionale, generalmente e più semplicemente nota come Verlag. Nel 1935 Freud aggiunse un Poscritto (Freud, 1924, 138 e segg.), inizialmente pubblicato a sé come lavoro di apertura dell’annata 1936 della rivista Almanach der Psychoanalyse e aggiunse al testo originario “alcune variazioni e… note a piè pagina” (Freud, 1924, 71): per questo nel 1936 il lavoro fu ripubblicato nella sua rinnovata veste, sempre come volume singolo e sempre per i tipi del Verlag (Freud, 1925d).

La storia prosegue dopo la morte di Freud (1939). Con l’aggiunta di alcune illustrazioni, il testo tedesco del 1936 fu ripubblicato 10 anni più tardi dalla londinese Imago Publishing, che poco dopo, nel 1948, lo avrebbe nuovamente riproposto nel quattordicesimo volume della più classica Opera omnia tedesca di Freud, Gesammelte Werke (GW) (Freud, 1925e). A differenza di OSF, che propone nello stesso volume – il decimo – sia Autobiografia che il Poscritto, GW si attiene a un criterio cronologico più rigoroso, per cui l’aggiunta del 1935 si trova solo nel sedicesimo volume (uscito nel 1950). Ma a questo rigore, ci informa sempre la nostrana Avvertenza editoriale, si accompagna un fatto curioso: il testo proposto nel quattordicesimo volume da GW non è quello definitivo, rivisto da Freud nel 1935, ma quello del 1924, non essendo tale edizione niente più che una “riproduzione fotografica” dell’edizione del 1928 (GS). 
Si conclude qui la cronistoria delle edizioni di Autobiografia offerta dall’Avvertenza editoriale di OSF, lasciandoci senz’altro con qualche perplessità sulle scelte di GW e con un senso di gratitudine nei confronti della collana italiana, che ci consente al contrario di assaporare il testo freudiano nella sua pienezza. Tuttavia, se la gratitudine è solo leggermente scalfitta dalla fatto che il testo offerto non è in realtà completo, mancando la pagina 52, le nostre perplessità sono destinate ad aumentare quando si constata che la ricostruzione non è così accurata come sembra. Anzitutto – fatto certo marginale – non è nell’edizione di Autobiografia del 1946 (Imago Publishing) che compaiono per la prima volta le immagini, bensì in quella del 1936 (Verlag). Ma soprattutto vi sono, come si anticipava più sopra, una contraddizione e una lacuna da non sottovalutare. 
La contraddizione sta nel fatto che non è vero che l’edizione di GW è identica a quella precedente di GS. Rispetto a questa ha infatti una frase in più: quella di chiusura, presa, si badi, dall’edizione riveduta da Freud nel 1935. Perché dunque inserire questa frase ma non le altre variazioni del testo del 1924? Domanda per cui non ho risposta, mentre è più facile immaginare il perché della contraddizione in OSF, potendo chiamare molto semplicemente in causa una qualche svista o disattenzione o forse una certa leggerezza nel raffronto tra le edizioni GS e GW. 
La mancanza riguarda invece un punto nodale della storia editoriale del saggio, che pure si trova nel cappello introduttivo della prima edizione tedesca del Poscritto, ben segnalata in OSF: quella dell’Almanach del 1936. Si tratta di poche ma efficaci righe, verosimilmente opera della redazione, ossia di Adolf Storfer (1888-1944) [12]. La riporto qui di seguito (caratteri corsivi e caratteri distanziati nell’originale): 

Nel 1925 è apparsa l’autobiografia di Sigmund  F r e u d  nel 4° volume della raccolta “Die Medizin der Gegenwart in Selbstdarstellungen“, curata dal professor L. R. G r o t e; è divenuta disponibile anche come estratto da tale raccolta antologica ed è inoltre [stata] pubblicata nel 1928 nel volume XI di “Gesammelte Schriften” (casa editrice psicoanalitica internazionale, Vienna). Nel 1934 i diritti editoriali per questo scritto sono passati alla casa editrice psicoanalitica internazionale, Vienna. Nel 1927 è apparsa una traduzione inglese (di James  S t r a c h e y) insieme con la traduzione de “La questione dell’analisi laica” presso l’editore Brentano, New York; nel 1935 è stata pubblicata una seconda edizione dell’autobiografia dall’editore Norton & Comp., New York, che nel frattempo aveva acquisito i diritti editoriali americani; cogliendo questa occasione, Sigm.  F r e u d  ha scritto la seguente aggiunta all’autobiografia, ormai già vecchia di dieci anni. La pubblicazione di questo supplemento ha luogo con l’autorizzazione dell’editore Norton & Comp., New York. 

Si aggiunga che anche nell’edizione tedesca in volume singolo del 1936, pure essa segnalata nell’Avvertenza editoriale di OSF, si trova lo stesso cappello introduttivo, con qualche modifica e aggiunta nella parte finale, che riporto qui di seguito (caratteri corsivi e distanziati nell’originale): 

[… che nel frattempo aveva acquisito i diritti editoriali americani; cogliendo questa occasione Sigm.  F r e u d  ha scritto] un “P o s c r i t t o   1 9 3 5” che, insieme con i molteplici supplementi e aggiunte al testo originario, è stato inserito in questa nuova edizione tedesca. Oltre alle traduzioni americana, inglese, francese e spagnola del lavoro, già apparse, sono in preparazione quelle in polacco, ceco e ungherese. 

Veniamo così a sapere che in realtà la pubblicazione del Poscritto sull’Almanach non fu la prima in assoluto, come in qualche modo fa intendere l’Avvertenza editoriale di OSF, ma solo la prima in lingua tedesca; inoltre, sua occasione fu la pubblicazione quello stesso anno di un’edizione americana. Come meglio spiega Grubrich-Simitis, l’editore d’oltre oceano aveva chiesto espressamente a Freud di aggiornare il saggio e, aggiunge la studiosa, quest’ultimo non si limitò a scrivere il Poscritto ma introdusse nel testo stesso del 1924 “una serie di importanti completamenti e numerose nuove note a piè pagina” (Grubrich-Simitis, 1971, 37): dunque qualcosa di più di “alcune variazioni e… note a piè pagina”. Possiamo aggiungere che, probabilmente, la diffusione del lavoro anche in altre lingue contribuì alla decisione di Freud di offrire un quadro aggiornato della propria biografia. 
Quanto alle edizioni tedesche, la nota editoriale di Storfer non riserva sorprese ma aggiunge un dato interessante, ossia che la casa editrice psicoanalitica internazionale ottenne i diritti editoriali di Autobiografia solo nel 1934. C’è da chiedersi allora come poté pubblicarlo in una propria opera (l’undicesimo volume di GS) già nel 1928: si trattò evidentemente solo di quella che oggi siamo soliti chiamare “gentile concessione” ossia un’espressa e limitata licenza da parte di FelixMeiner (1883-1965), il primo editore, che viene ricordato giusto dopo il titolo e prima del vero e proprio inizio del testo (Freud, 1925b, 118) [13].
Nel complesso, la situazione delle edizioni nei primi trent’anni circa di Autobiografia e relativo Poscritto appare alquanto insolita e induce se non altro a tentare qualche raffronto tra di esse. Lo farò qui di seguito per quelle che sono riuscito a consultare: per le tedesche, l’originale (Freud, 1925a), quella in GS del 1928 (Freud, 1925b), quella del 1934 (Freud, 1925c), quella del 1936 (Freud, 1925d) e infine quella del 1948 in GW (Freud, 1925e); ad esse aggiungerò naturalmente la nostra OSF. Mi limiterò ai due “estremi” del testo: il titolo e l’ultima pagina, la cinquantadue, ben consapevole che occorrerebbe da un lato un raffronto di tutto il testo nelle sue varie edizioni, dall’altro un’assai più vasta analisi delle molte traduzioni nelle diverse lingue.



Il titolo del lavoro

Il titolo del saggio di Freud pone anzitutto un problema di traduzione, già rilevato dall’Avvertenza editoriale di OSF: ciò che infatti è reso con “Autobiografia” non è il corrispettivo tedesco “Autobiografie” (o dell’allora più diffuso “Autobiographie”) bensì “Selbstdarstellung” che “significa piuttosto ‘autoesposizione’” (Freud, 1924, 71). 
Dal punto di vista del significato, “Autobiographie” rinvia direttamente al racconto della propria vita, pone l’accento sulla cronologia dei fatti; per contro “Selbstdarstellung” è una “esposizione (di valore artistico) della propria natura o delle proprie idee, orale, scritta o figurativa” (fonte: Der Deutsche Wortschatz von 1600 bis heute): essa si concentra dunque più sul significato che i fatti (autobiografici) hanno per il loro protagonista, sul senso delle sue scelte, sulla sua progettualità e così via. E se si può ben dire che tutto questo è proprio ciò che Freud espone (“darstellt”) nel suo saggio, diviene difficile immaginare come altro titolarne la traduzione italiana se non “Autobiografia”, pena un’eccessiva artificiosità. 
Ma questo titolo offre un problema ancora a monte di quello appena esposto e che riguarda la sua stessa esistenza. Se infatti consultiamo la prima edizione (Freud, 1925a) ci accorgiamo immediatamente che il saggio di Freud si intitola semplicemente Sigmund Freud e che per giunta “Selbstdarstellung” non è nemmeno il titolo complessivo del volume in cui si trova – Die Medizin der Gegenwart in Selbstdarstellungen – ma solo una sua parte (oltretutto nel titolo compare al plurale). 
Che editori e curatori abbiano avuto qualche perplessità su come titolare adeguatamente il saggio di Freud nelle sue successive edizioni, lo mostra chiaramente il raffronto tra di esse. GS (Freud, 1925b) titola “Selbstdarstellung”, con tanto di virgolette, come a chiarire trattarsi di una denominazione aggiunta arbitrariamente e non presente nel testo originale. Per contro omette Sigmund Freud, ossia la cosa che in realtà più si avvicina a un titolo nell’edizione originale del 1925. L’edizione del 1934, che si propone espressamente come “seconda edizione immutata”, titola Selbstdarstellung, senza virgolette, in copertina e sul frontespizio; in compenso riporta Sigmund Freud all’inizio della prima pagina di testo. Ciò non va però ascritto a una precisa volontà del curatore o dell’autore, quanto al fatto che si tratta di una pura e semplice ristampa dell’impaginato creato dal primo editore: tant’è che non solo il numero di pagine è identico nei due casi (e anzi, ogni pagina di un testo è identica alla corrispondente dell’altro), ma addirittura al piè di pagina 1 dell’edizione del 1934 si ritrova ancora l’originale segnatura dei fascicoli: la scritta “Medizin in Selbstdarstellungen, IV” (Freud, 1925c, 1, da confrontare con Freud, 1925a). 
Copertina e frontespizio, invece, sono opera del nuovo editore e dunque riportano un titolo diverso e anche graficamente non hanno equivalente nel volume di Grote. 
L’edizione del 1936 si pone potremmo dire, a metà strada tra le due precedenti: titola Selbstdarstellung (senza virgolette) e omette Sigmund Freud in apertura del testo. Riassumendo: tre edizioni tutte curate dal Verlag durante la vita dell’autore e tutte leggermente diverse tra loro. 
Infine GW, nel 1948, riprende la soluzione di GS, ossia titola “Selbstdarstellung”, con tanto di virgolette e senza far precedere il testo vero e proprio da Sigmund Freud.  
Venendo infine all’edizione italiana, OSF titola Autobiografia senza virgolette e senza Sigmund Freud a inizio testo: con ciò è persa qualsiasi traccia dell’arbitrarietà del titolo con cui il saggio è divenuto universalmente noto. 


La pagina 52

La pagina 52 ha avuto, non meno del titolo, alterne vicende nel succedersi delle edizioni di Autobiografia seguenti a quella originaria di Grote: manca infatti già nell’edizione immediatamente successiva, quella di GS del 1928, ma ricompare sei anni più tardi nella prima uscita in volume singolo, per scomparire di nuovo nell’edizione aggiornata del 1936. Questo alternarsi solleva qualche interrogativo: come detto sopra, infatti, nel 1928 la casa editrice psicoanalitica non ha ancora rilevato i diritti editoriali dell’opera, ma ha evidentemente avuto dal primo editore, Felix Meiner, la concessione di ripubblicarla. Ciononostante il Verlag si prende la libertà di alterare il testo decurtandolo della sua ultima pagina. Per contro, nel momento in cui diviene a pieno titolo proprietario dei diritti sull’opera, non solo reintroduce la bibliografia, ma per giunta non si appoggia al proprio impaginato nel 1928, preferendo al contrario impiegare direttamente quello originario del 1924. 
Tutto ciò mentre Freud è ancora in vita e, come direttore della casa editrice (Jones, 1957, 46), è certo al corrente delle decisioni che vi vengono prese, in particolare riguardo alla pubblicazione dei suoi lavori. Perché dunque siano state operate scelte così differenti nell’arco di pochi anni richiede almeno un tentativo di spiegazione. Diverso naturalmente il discorso per l’edizione di GW, in quanto successiva alla morte di Freud. Per quest’ultima scarterei la spiegazione deducibile dall’Avvertenza editoriale di OSF, secondo cui, ricordiamo, GW non sarebbe altro che una “riproduzione fotografica” di GS: se così fosse, si potrebbe ascrivere l’omissione a una leggerezza dei curatori di GW, colpevoli di essersi limitati a una sorta di copia-incolla del testo di GS; tuttavia si è visto che le cose non possono essere andare in questo modo, poiché in realtà GW differisce da GS proprio per l’aggiunta della frase conclusiva. Evidentemente, il testo proposto da GW è frutto di decisioni volontarie, in parte poco chiare (come quella di tralasciare tutte le correzioni, note e aggiunte fatte da Freud al proprio testo nel 1935… tranne l’ultima frase), in parte più facilmente intuibili: probabilmente la pagina 52 parve ai curatori priva di qualsiasi valore intrinseco e venne dunque eliminata. Ma se così fu, fu scelta miope: a prescindere infatti da qualsiasi considerazione filologica e di rispetto di testo, autore e lettore, mi chiedo cosa mai avrebbe cambiato aggiungere quell’ultima pagina nell’economia di un’opera che conta 17 volumi per un totale di circa 5700 pagine (esclusi indici e appendici varie; Lualdi, 2023, 11).

Ma tornando a Freud – perché questo è il punto – cosa potrebbe aver influito sulle sue scelte, cosa poteva realmente fare la differenza tra le edizioni del 1928, del 1934 e del 1936?

A mio parere si può tentare una risposta prendendo in considerazione il problema economico che minacciava l’esistenza della casa editrice psicoanalitica fin dall’anno della sua fondazione, il 1919 (Jones, 1957, 47-8). In più occasioni Freud dovette finanziare l’impresa con i propri guadagni e rinunciò regolarmente ai suoi diritti d’autore cedendoli al Verlag. Inoltre fu necessario “ricorrere costantemente ad appelli periodici per ottenere contributi da parte degli stessi psicoanalisti” (Jones, 1957, 47).

Si può dunque supporre quanto fosse importante far conoscere le pubblicazioni della casa editrice e certo il volume di Grote offriva in tal senso a Freud una buona opportunità. Questo aiuta a capire perché nella bibliografia da lui stilata egli non si limiti a ricordare i propri lavori ma, per quelli psicoanalitici, ne indichi più precisamente l’edizione in volume singolo, regolarmente uscita per i tipi del Verlag, non a caso espressamente ricordato nella seconda e più discorsiva parte della pagina. Non diversamente, l’editore viene citato per esteso ben due volte nell’arco di poche righe sia nella nota redazionale che introduce il poscritto sull’Almanach del 1936 sia nella pressoché identica avvertenza che precede l’edizione singola dello stesso anno. 
Probabilmente Freud ritenne che non aveva senso inserire questa bibliografia a scopo pubblicitario in GS: chi avesse preso quei volumi che raccoglievano le sue opere, infatti, di sicuro non sarebbe stato motivato ad acquistarle anche in volumi singoli; d’altra parte non aveva alcun interesse a fare pubblicità agli editori che a suo tempo avevano pubblicato i suoi lavori neurologici (Franz Deuticke, Moritz Perles, Alfred Holder), né certo aveva velleità filologiche rispetto ai propri scritti che potessero spingerlo a inserire quella pagina conclusiva a puro scopo di completezza. 
Meglio si prestava a pubblicizzare le opere de Verlag l’edizione in volume singolo del 1934, in cui infatti la nostra pagina 52 fa la sua ricomparsa. 
Si obietterà ora che in questo quadro non si spiega la sua assenza nell’edizione del 1936, anch’essa in volume singolo e che per giunta poteva sperare in un maggior numero di vendite in quanto aggiornata e arricchita di fotografie e immagini (immagini che, secondo l’Avvertenza editoriale di OSF, non dovrebbero esserci…). Ma in realtà, lì la bibliografia di Freud non è assente, bensì sostituita da una nuova e ben più cospicua, di ben quattro, fitte pagine, che segnala i volumi di Gesammelte Schriften, nel frattempo giunti al dodicesimo e ultimo, i sette volumi della meno nota edizione in ottavo e infine una selezione di nove volumi singoli. Essa però si propone non più come parte del testo, bensì come sorta di appendice, cosa sottolineata dal fatto che compare addirittura dopo il breve indice delle immagini. La nuova impostazione non fa che sottolineare la finalità di questa biografia, ossia far conoscere, prima ancora che le opere di Freud, l’attività del Verlag. Due elementi lo rimarcano: anzitutto scompaiono tutti i titoli pubblicati da altro editore (sostanzialmente quelli preanalitici) e in secondo luogo, al piè di ognuna delle quattro pagine dell’elenco troviamo la dicitura, in stampatello, “Internationaler Psychoanalytischer Verlag”. 



Un commento conclusivo

Se è vero che, come dice Umberto Eco, “la traduzione è tenuta al rispetto giuridico del ‘detto dall’autore’ ovvero del ‘detto del testo originale’” (Eco, 2003, 101), nel caso di Autobiografia una prima difficoltà è, come visto, definire quale sia il testo originale poiché, a partire dal titolo, varia nelle diverse edizioni, in maniera oltretutto non lineare. La bibliografia finale apposta da Freud è presente nella prima edizione, ricompare dieci anni più tardi e nel 1936 scompare di nuovo ma solo per essere sostituita da una più completa, che si pone come un vero e proprio corpo aggiunto al testo del saggio. 
Già questa considerazione mi porta a ritenere corretto e doveroso il reinserimento nell’opera della “pagina 52”. Corretto e doveroso nei confronti del testo, dell’autore e del lettore, restando quest’ultimo l’unico a poter decidere del valore o meno di ogni singola pagina di ciò che viene leggendo e che pertanto ha il diritto di essere posto di fronte a tutto il testo. 
Tanto più che, come visto, la bibliografia finale non è priva di significato e di valore, non solo perché evidentemente richiesta in origine da Grote, come dimostrato dalla sua presenza anche nelle altre autobiografie contenute in Die Medizin der Gegenwart in Selbstdarstellungen, ma anche per quanto sopra considerato. Per meglio contestualizzare la situazione, si consideri che nel 1924 Freud non era nuovo alla stesura né di autobiografie né di bibliografie: basti qui pensare al suo scritto Sommari dei lavori scientifici del libero docente Dottor Sigmund Freud 1877-1897 (Freud, 1897); e ancor prima aveva scritto un’altra bibliografia, necessariamente più breve, da associare alla sua domanda di abilitazione per la libera docenza nel 1885 (Freud, 1885). Successivamente, più volte gli era stato chiesto di scrivere schematici profili biografici, comprendenti anche una sezione bibliografica, da inserire in vari dizionari di personaggi e medici illustri, cosa alla quale egli, almeno in alcune occasioni, aveva acconsentito [14]
L’opera in otto volumi di Grote che accoglie Autobiografia si inscrive dunque in un genere letterario assai diffuso e non nuovo per Freud, anche se occorre precisare che essa si distacca – a mio avviso positivamente – dai più numerosi e vari “Chi è chi” coevi proprio per la discorsività dei contributi ospitati, assai distante dalla tipica e monotona schematicità di questi altri. Ben si comprende allora come la richiesta di Grote potesse apparire a Freud una buona occasione per far conoscere non solo la propria attività e le proprie teorie ma anche la casa editrice psicoanalitica internazionale. 
Se questo può essere stato il valore della pagina 52 agli occhi di Freud, oggi noi posiamo su di essa uno sguardo diverso. La breve bibliografia infatti solleva interrogativi relativi alla specifica selezione operata da Freud tra i suoi lavori. Mi soffermo in tal senso brevemente solo su quelli preanalitici, ben consapevole di non esaurire il tema. 
Il primo dato da tenere in considerazione è proprio la loro presenza, almeno fino al 1934. Di per sé ciò suggerisce che Freud continuasse ad attribuire una certa importanza almeno ad alcuni dei lavori di quella prima fase della sua carriera e produzione scientifica. Tra i titoli scelti spicca anzitutto la trilogia sulle paralisi cerebrali infantili, frutto di anni di studio teorico e di lavoro clinico con i piccoli pazienti. Il valore di quei testi è ben messo a fuoco da Rudolf Brun (1885-1969), psicoanalista e neurologo di formazione, che nel 1936 ancora considera La paralisi cerebrale infantile, terzo e ultimo volume della serie uscito poco meno di quarant’anni prima, ancora attuale (Brun, 1936, 564). Non meno significativi altri due titoli. 
Anzitutto L’interpretazione delle afasie, opera di scarso successo di pubblico ma cui Freud, ancora nel 1913, ammetteva di attribuire grande valore:

Le mie cose migliori arrivano in effetti ogni sette anni: nel 1891 ho cominciato con il lavoro sull’afasia…” (lettera di Freud a Ferenczi del 9 luglio 1913; Freud, Ferenczi, 1992, 518).

In secondo luogo il saggio Sulla coca. Curiosamente è l’unico di cui non viene indicata, nonostante l’espressa premessa di Freud di andare a elencare solo le “pubblicazioni apparse come libri”, l’edizione in volume singolo uscita nel 1885, ma quella originale dell’anno precedente, un articolo apparso sulla rivista Zentralbaltt für die gesammte Therapie. Né vengono citati i successivi contributi sul tema. Ciò è a mio parere da ricondurre al fatto che proprio a partire dal 1885 si erano accese aspre polemiche che segnalavano i pericoli dell’uso della cocaina nei vari ambiti clinici suggeriti da Freud, in particolare quello della disassuefazione dalla morfina e che additavano l’autore come colui che aveva introdotto il “terzo flagello” dell’umanità, dopo l’alcol e la morfina (Lualdi,2017, 32) Di contro, il saggio del 1884 si incentrava molto sulla storia dell’alcaloide e dei suoi usi; era dunque uno scritto in qualche modo più neutro e meno associato ai successivi e drammatici sviluppi della faccenda, con i quali Freud non aveva certo alcun interesse a essere associato, specie in un saggio sulla sua vita e sul significato di essa (“Selbstdarstellung”, non “Autobiographie”…): ciò corrisponde del resto perfettamente alla porzione che di tutta la vicenda della cocaina viene narrata nel testo (Freud, 1924, 82-3). 
Tutta questa porzione di scritti non analitici scompare con l’edizione tedesca del 1936, per lasciare il posto ai soli lavori psicoanalitici, pubblicati dal Verlag. Ciò trova certamente ragion d’essere , come visto, in questioni molto concrete, legate alle necessità di sopravvivenza economica del Verlag. Ma collateralmente è da dire che, in quello stesso anno, accadevano altri due fatti legati ai lavori neurologici di Freud. Il primo è già stato indirettamente accennato ed è la pubblicazione del saggio di Brun, Risultati di Freud nell’ambito della neurologia organica, da cui è stata tratta la precedente considerazione sul valore duraturo di La paralisi cerebrale infantile; il secondo, strettamente associato, è una lettera di Freud al collega svizzero, del 18 marzo di quell’anno, in cui da un lato lo ringrazia per l’attenzione a quei vecchi lavori, ma dall’altro ne afferma recisamente il poco o nullo valore (Lualdi, 2019b). 
Come si vede, dunque, se la pagina 52 nulla aggiunge al testo di Autobiografia, può però suggerirci qualcosa in più sul suo autore: non diviene allora, proprio per questo, parte integrante di una vera “Selbstdarstellung”?


Bibliografia

Brun R. (1936), Risultati di Freud nell’ambito della neurologia organica. In Freud S. (1897), La paralisi cerebrale infantile, Youcanprint, Tricase, 2020, 557-69.

Eco U., Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Bompiani, Milano, 2003.

Freud S. (1885i), Domanda di libera docenza. In OSF, Complementi, Bollati Boringhieri, Torino, 5-6.

Freud S. (1897), Sommari dei lavori scientifici del libero docente Dottor Sigmund Freud 1877-1897. In OSF, II, Bollati Boringhieri, Torino, 361-392.

Freud S. (1924a), Autobiografia. In OSF, X, Bollati Boringhieri, Torino, 69-141.

Freud S. (1925a), Sigmund Freud. In Grote L. R. (herausgegeben von), Die Medizin der Gegenwart in Selbstdarstellungen, Verlag von Felix Meiner, Leipzig, 1925. 

Freud S. (1925b), „Selbstdarstellung“. In Gesammelte Schriften. Elfter Band, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Leipzig / Wien / Zürich, 1928, 117-182.

Freud S. (1925c), Selbstdarstellung, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Wien, 1934. 

Freud S. (1925d), Selbstdarstellung, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Wien, 1936. 

Freud S. (1925e), „Selbstdarstellung“. In Gesammelte Werke. Band XIV, Imago Publishing, London, 31-97. 

Freud S., Ferenczi S. (1992), Lettere, volume primo (1908-1914), Raffaello Cortina Editore, Milano, 1993.

Grubrich-Simitis I. (herausgegeben von) (1971), Sigmund Freud „Selbstdarstellung“. Schriften zur Geschichte der Psychoanalyse, Fischer Verlag, Frankfurt a. M., 200812.

Huppke A., Almanach der Psychoanalyse. In de Mijolla (2002) (edited by), International Dictionary of Psychoanalysis, Thompson Gale, Farmington Hills, 2005. 

Jones E. (1957), Vita e opere di Freud. III. L’ultima fase (1919-1939), Il Saggiatore, Milano, 1962.

Lualdi M. M. (2017), L’occhio che(non) vede. In Freud S., Sull’emianopsia nella prima infanzia, Youcanprint, Tricase, 2017, 28-75. 

Lualdi M. M. (2019a), Avvertenze e considerazioni sulla traduzione. In Freud S. (1891), Per la conoscenza delle diplegie cerebrali dell’infanzia (in aggiunta al morbo di Little), Youcanprint, Tricase, 2019, 79-89.

Lualdi M. M. (2019b), Freud, a quarant‘anni dai suoi scritti di neurologia. Contributo online.

Lualdi M. M. (2023), Nervosismoe nevrosi. Studio filologico e stilistico preliminare. Contributo online.

Meyer-Palmedo I., Fichtner G., Freud-Bibliographie mit Werkkonkordanz, Fischer Verlag, Berlin, 1999.



[2] “emiparalisi cerebrale”, “halbseitige Zerebrallähmung” nell’originale, a differenza del volume del 1891 in cui si ha la più vetusta grafia “Cerebrallähmung”.

[3] Così è noto in Italia il volume Zur Auffassung der Aphasien. A mio parere una traduzione più accurata del titolo potrebbe essere “Per la concezione delle afasie”. Si veda in proposito Lualdi, 2019a, 86 e segg.

[4] “Kenntnis”. “Kenntniss” nel volume originale.

[5] “zerebralen”, a differenza del lavoro originale in cui la grafia è “cerebralen”.

[6] “infanzia”: “Kinderalter” nell’originale. Il termine è interessante per due aspetti. Anzitutto spicca, in un contesto di rispetto del rinnovamento ortografico (“zerebral” al posto del sorpassato “cerebral”), in quanto forma più arcaica rispetto a “Kindesalter”, che si trova già nel titolo del volume originario di Freud. Inoltre, per evidente refuso, è privo della desinenza del genitivo (“Kinderalters”), qui atteso e naturalmente presente nel volume originario (“Kindesalters”). Su “Kinderalter” si veda la relativa voce nel Grammatisch-Kritisches Wörterbuchder Hochdeutschen Mundart (Ausgabe letzter Hand, Leipzig 1793–1801).

[7] Manca la parte conclusiva del titolo: “(im Anschluss an die Little’sche Krankheit)”, ossia “(in aggiunta al morbo di Little)”. Per la traduzione di “im Anschluss” con “in aggiunta” rimando a Lualdi, 2019a, 80 e segg.).

[8] Si veda supra, n. 2.

[9] Il volume, summa delle conoscenze non solo di Freud ma della sua epoca sulle paralisi cerebrali infantili, uscì come nono volume della collana manualistica diretta da Hermann Nothnagel “Specielle Pathologie und Therapie”.

[10] Il testo uscì in prima edizione sul periodico diretto da Leopold Löwenfeld “Grenzfragen des Nerven und Seelenlebens”.

[11] In OSF: “Cinque conferenze sulla psicoanalisi”. Titolo originale: “Über Psychoanalyse”.

[12] Sulla rivista e la sua redazione, si veda Huppke, 2002.

[13] Peraltro la stessa informazione, pur con una formula diversa, viene data anche nell’edizione del 1934.

[14] Si vedano in tal senso i contributi ricordati nell’esaustivo elenco bibliografico degli scritti di Freud compilato da Meyer-Palmedo e Fichtner indicati come 1888w, 1893bb, 1901c[1899], 1908h, 1910o (Meyer-Palmedo, Fichtner, 1999, 21, 26, 30, 33, 35). L’elenco è consultabile anche online al sito psyalpha.

Commenti

  1. Effettivamente la differenza tra biografia e autorappresentazione è importante per leggere correttamente il contenuto. Grazie per queste tue ricerche raffinate e illuminanti. Francesco Marchioro

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    1. Grazie come sempre, Francesco, per la tua lettura attenta e per le puntuali considerazioni!

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    2. Pregevole e accurata la sua disamina. Grazie davvero

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    3. Grazie a lei per la lettura e la positiva valutazione. Cerco regolarmente di documentare quanto affermo di modo da consentirne la verifica o la messa in discussione

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  2. Caro Michele, non si finisce mai di stupirsi rispetto ad un lavoro di così accurata e puntuale ricerca sulle fonti e sui primi passi del movimento psicoanalitico. Apri continuamente nuovi spiragli di lettura e di approfondimento, un lavoro che potrà stimolare ulteriormente quanti sono interessati alla storia e allo sviluppo del movimento psiconalitico. Grazie!

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    1. Caro Walter, grazie per il tempo dedicato alla lettura e per il tuo commento. Sono convinto che i documenti che raccontano la nascita e i primi sviluppi della psicoanalisi hanno ancora moltissimo da dirci. Un campo davvero affascinante.

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