Pagina 52: i diritti del lettore
Libro aperto (Anonimo, Scuola tedesca del XVI secolo) (fonte: wikipedia) |
Michele M. Lualdi
Tralascio i lavori istologici e di casistica del mio periodo di studi universitari e di libera docenza. Le successive pubblicazioni apparse come libri sono elencate in ordine cronologico.
Le principali edizioni
L’Avvertenza editoriale di OSF ad Autobiografia ci informa che Freud scrisse il saggio nel 1924, per il quarto degli otto volumi curati da Louis Ruyter RadcliffeGrote (1886-1960): Die Medizin der Gegenwart in Selbstdarstellungen [La medicina attuale in autobiografie], uscito l’anno successivo (Freud, 1925a). Il lavoro fu riproposto quattro anni più tardi nell’undicesimo volume di Gesammelte Schriften (GS) (Freud, 1925b), la prima raccolta degli scritti di Freud, interamente pubblicata durante la vita dell’autore e di nuovo nel 1934 come volume singolo (Freud, 1925c). Editore fu in entrambi questi due ultimi casi l’Internationaler psychoanalytischer Verlag, la casa editrice psicoanalitica internazionale, generalmente e più semplicemente nota come Verlag. Nel 1935 Freud aggiunse un Poscritto (Freud, 1924, 138 e segg.), inizialmente pubblicato a sé come lavoro di apertura dell’annata 1936 della rivista Almanach der Psychoanalyse e aggiunse al testo originario “alcune variazioni e… note a piè pagina” (Freud, 1924, 71): per questo nel 1936 il lavoro fu ripubblicato nella sua rinnovata veste, sempre come volume singolo e sempre per i tipi del Verlag (Freud, 1925d).
La storia prosegue
dopo la morte di Freud (1939). Con l’aggiunta di alcune illustrazioni, il testo
tedesco del 1936 fu ripubblicato 10 anni più tardi dalla londinese Imago
Publishing, che poco dopo, nel 1948, lo avrebbe nuovamente riproposto nel
quattordicesimo volume della più classica Opera omnia tedesca di Freud, Gesammelte
Werke (GW) (Freud, 1925e).
A differenza di OSF, che propone nello stesso volume – il decimo – sia Autobiografia
che il Poscritto, GW si attiene a un criterio cronologico più
rigoroso, per cui l’aggiunta del 1935 si trova solo nel sedicesimo volume (uscito
nel 1950). Ma a questo rigore, ci informa sempre la nostrana Avvertenza
editoriale, si accompagna un fatto curioso: il testo proposto nel quattordicesimo
volume da GW non è quello definitivo, rivisto da Freud nel 1935, ma quello del
1924, non essendo tale edizione niente più che una “riproduzione fotografica” dell’edizione
del 1928 (GS).
Si conclude qui la
cronistoria delle edizioni di Autobiografia offerta dall’Avvertenza
editoriale di OSF, lasciandoci senz’altro con qualche perplessità sulle scelte di
GW e con un senso di gratitudine nei confronti della collana italiana, che ci
consente al contrario di assaporare il testo freudiano nella sua pienezza.
Tuttavia, se la gratitudine è solo leggermente scalfitta dalla fatto che il
testo offerto non è in realtà completo, mancando la pagina 52, le nostre
perplessità sono destinate ad aumentare quando si constata che la ricostruzione
non è così accurata come sembra. Anzitutto – fatto certo marginale – non è nell’edizione
di Autobiografia del 1946 (Imago Publishing) che compaiono per la prima
volta le immagini, bensì in quella del 1936 (Verlag). Ma soprattutto vi sono,
come si anticipava più sopra, una contraddizione e una lacuna da non sottovalutare.
La contraddizione sta
nel fatto che non è vero che l’edizione di GW è identica a quella
precedente di GS. Rispetto a questa ha infatti una frase in più: quella di
chiusura, presa, si badi, dall’edizione riveduta da Freud nel 1935. Perché
dunque inserire questa frase ma non le altre variazioni del testo del 1924?
Domanda per cui non ho risposta, mentre è più facile immaginare il perché della
contraddizione in OSF, potendo chiamare molto semplicemente in causa una
qualche svista o disattenzione o forse una certa leggerezza nel raffronto tra
le edizioni GS e GW.
La mancanza riguarda
invece un punto nodale della storia editoriale del saggio, che pure si trova
nel cappello introduttivo della prima edizione tedesca del Poscritto, ben
segnalata in OSF: quella dell’Almanach del 1936. Si tratta di poche ma
efficaci righe, verosimilmente opera della redazione, ossia di Adolf Storfer (1888-1944)
[12].
La riporto qui di seguito (caratteri corsivi e caratteri distanziati nell’originale):
Nel 1925 è apparsa l’autobiografia di Sigmund F r e u d nel 4° volume della raccolta “Die Medizin der Gegenwart in Selbstdarstellungen“, curata dal professor L. R. G r o t e; è divenuta disponibile anche come estratto da tale raccolta antologica ed è inoltre [stata] pubblicata nel 1928 nel volume XI di “Gesammelte Schriften” (casa editrice psicoanalitica internazionale, Vienna). Nel 1934 i diritti editoriali per questo scritto sono passati alla casa editrice psicoanalitica internazionale, Vienna. Nel 1927 è apparsa una traduzione inglese (di James S t r a c h e y) insieme con la traduzione de “La questione dell’analisi laica” presso l’editore Brentano, New York; nel 1935 è stata pubblicata una seconda edizione dell’autobiografia dall’editore Norton & Comp., New York, che nel frattempo aveva acquisito i diritti editoriali americani; cogliendo questa occasione, Sigm. F r e u d ha scritto la seguente aggiunta all’autobiografia, ormai già vecchia di dieci anni. La pubblicazione di questo supplemento ha luogo con l’autorizzazione dell’editore Norton & Comp., New York.
Si aggiunga che anche nell’edizione tedesca in volume singolo del 1936, pure essa segnalata nell’Avvertenza editoriale di OSF, si trova lo stesso cappello introduttivo, con qualche modifica e aggiunta nella parte finale, che riporto qui di seguito (caratteri corsivi e distanziati nell’originale):
[… che nel frattempo aveva acquisito i diritti editoriali americani; cogliendo questa occasione Sigm. F r e u d ha scritto] un “P o s c r i t t o 1 9 3 5” che, insieme con i molteplici supplementi e aggiunte al testo originario, è stato inserito in questa nuova edizione tedesca. Oltre alle traduzioni americana, inglese, francese e spagnola del lavoro, già apparse, sono in preparazione quelle in polacco, ceco e ungherese.
Veniamo così a sapere
che in realtà la pubblicazione del Poscritto sull’Almanach non fu
la prima in assoluto, come in qualche modo fa intendere l’Avvertenza editoriale
di OSF, ma solo la prima in lingua tedesca; inoltre, sua occasione fu la
pubblicazione quello stesso anno di un’edizione americana. Come meglio spiega
Grubrich-Simitis, l’editore d’oltre oceano aveva chiesto espressamente a Freud
di aggiornare il saggio e, aggiunge la studiosa, quest’ultimo non si limitò a
scrivere il Poscritto ma introdusse nel testo stesso del 1924 “una serie
di importanti completamenti e numerose nuove note a piè pagina” (Grubrich-Simitis,
1971, 37): dunque qualcosa di più di “alcune variazioni e… note a piè pagina”. Possiamo
aggiungere che, probabilmente, la diffusione del lavoro anche in altre lingue contribuì
alla decisione di Freud di offrire un quadro aggiornato della propria
biografia.
Quanto alle edizioni
tedesche, la nota editoriale di Storfer non riserva sorprese ma aggiunge un
dato interessante, ossia che la casa editrice psicoanalitica internazionale
ottenne i diritti editoriali di Autobiografia solo nel 1934. C’è da chiedersi
allora come poté pubblicarlo in una propria opera (l’undicesimo volume di GS) già
nel 1928: si trattò evidentemente solo di quella che oggi siamo soliti chiamare
“gentile concessione” ossia un’espressa e limitata licenza da parte di FelixMeiner (1883-1965),
il primo editore, che viene ricordato giusto dopo il titolo e prima del vero e
proprio inizio del testo (Freud, 1925b, 118) [13].
Nel complesso, la
situazione delle edizioni nei primi trent’anni circa di Autobiografia e
relativo Poscritto appare alquanto insolita e induce se non altro a tentare
qualche raffronto tra di esse. Lo farò qui di seguito per quelle che sono
riuscito a consultare: per le tedesche, l’originale (Freud, 1925a), quella in
GS del 1928 (Freud, 1925b), quella del 1934 (Freud, 1925c), quella del 1936 (Freud,
1925d) e infine quella del 1948 in GW (Freud, 1925e); ad esse aggiungerò
naturalmente la nostra OSF. Mi limiterò ai due “estremi” del testo: il titolo e
l’ultima pagina, la cinquantadue, ben consapevole che occorrerebbe da un lato
un raffronto di tutto il testo nelle sue varie edizioni, dall’altro un’assai
più vasta analisi delle molte traduzioni nelle diverse lingue.
La pagina 52 ha avuto,
non meno del titolo, alterne vicende nel succedersi delle edizioni di Autobiografia
seguenti a quella originaria di Grote: manca infatti già nell’edizione
immediatamente successiva, quella di GS del 1928, ma ricompare sei anni più
tardi nella prima uscita in volume singolo, per scomparire di nuovo nell’edizione
aggiornata del 1936. Questo alternarsi solleva qualche interrogativo: come
detto sopra, infatti, nel 1928 la casa editrice psicoanalitica non ha ancora rilevato
i diritti editoriali dell’opera, ma ha evidentemente avuto dal primo editore, Felix
Meiner, la concessione di ripubblicarla. Ciononostante il Verlag si prende la
libertà di alterare il testo decurtandolo della sua ultima pagina. Per contro,
nel momento in cui diviene a pieno titolo proprietario dei diritti sull’opera,
non solo reintroduce la bibliografia, ma per giunta non si appoggia al proprio
impaginato nel 1928, preferendo al contrario impiegare direttamente quello
originario del 1924.
Tutto ciò mentre
Freud è ancora in vita e, come direttore della casa editrice (Jones, 1957, 46),
è certo al corrente delle decisioni che vi vengono prese, in particolare riguardo
alla pubblicazione dei suoi lavori. Perché dunque siano state operate scelte
così differenti nell’arco di pochi anni richiede almeno un tentativo di spiegazione.
Diverso naturalmente il discorso per l’edizione di GW, in quanto successiva
alla morte di Freud. Per quest’ultima scarterei la spiegazione deducibile dall’Avvertenza
editoriale di OSF, secondo cui, ricordiamo, GW non sarebbe altro che una “riproduzione
fotografica” di GS: se così fosse, si potrebbe ascrivere l’omissione a una
leggerezza dei curatori di GW, colpevoli di essersi limitati a una sorta di
copia-incolla del testo di GS; tuttavia si è visto che le cose non possono
essere andare in questo modo, poiché in realtà GW differisce da GS proprio per
l’aggiunta della frase conclusiva. Evidentemente, il testo proposto da GW è frutto
di decisioni volontarie, in parte poco chiare (come quella di tralasciare tutte
le correzioni, note e aggiunte fatte da Freud al proprio testo nel 1935… tranne
l’ultima frase), in parte più facilmente intuibili: probabilmente la pagina 52 parve
ai curatori priva di qualsiasi valore intrinseco e venne dunque eliminata. Ma se
così fu, fu scelta miope: a prescindere infatti da qualsiasi considerazione
filologica e di rispetto di testo, autore e lettore, mi chiedo cosa mai avrebbe
cambiato aggiungere quell’ultima pagina nell’economia di un’opera che conta 17
volumi per un totale di circa 5700 pagine (esclusi indici e appendici varie;
Lualdi, 2023, 11).
Ma tornando a Freud –
perché questo è il punto – cosa potrebbe aver influito sulle sue scelte, cosa
poteva realmente fare la differenza tra le edizioni del 1928, del 1934 e del
1936?
A mio parere si può
tentare una risposta prendendo in considerazione il problema economico che minacciava
l’esistenza della casa editrice psicoanalitica fin dall’anno della sua
fondazione, il 1919 (Jones, 1957, 47-8). In più occasioni Freud dovette finanziare
l’impresa con i propri guadagni e rinunciò regolarmente ai suoi diritti d’autore
cedendoli al Verlag. Inoltre fu necessario “ricorrere costantemente ad appelli
periodici per ottenere contributi da parte degli stessi psicoanalisti” (Jones,
1957, 47).
Si può dunque
supporre quanto fosse importante far conoscere le pubblicazioni della casa
editrice e certo il volume di Grote offriva in tal senso a Freud una buona opportunità.
Questo aiuta a capire perché nella bibliografia da lui stilata egli non si
limiti a ricordare i propri lavori ma, per quelli psicoanalitici, ne indichi più
precisamente l’edizione in volume singolo, regolarmente uscita per i tipi del Verlag,
non a caso espressamente ricordato nella seconda e più discorsiva parte della
pagina. Non diversamente, l’editore viene citato per esteso ben due volte nell’arco
di poche righe sia nella nota redazionale che introduce il poscritto sull’Almanach
del 1936 sia nella pressoché identica avvertenza che precede l’edizione singola
dello stesso anno.
Probabilmente Freud
ritenne che non aveva senso inserire questa bibliografia a scopo pubblicitario in
GS: chi avesse preso quei volumi che raccoglievano le sue opere, infatti, di sicuro
non sarebbe stato motivato ad acquistarle anche in volumi singoli; d’altra
parte non aveva alcun interesse a fare pubblicità agli editori che a suo tempo avevano
pubblicato i suoi lavori neurologici (Franz Deuticke,
Moritz Perles,
Alfred Holder),
né certo aveva velleità filologiche rispetto ai propri scritti che potessero
spingerlo a inserire quella pagina conclusiva a puro scopo di completezza.
Meglio si prestava a
pubblicizzare le opere de Verlag l’edizione in volume singolo del 1934, in cui
infatti la nostra pagina 52 fa la sua ricomparsa.
Si obietterà ora che in
questo quadro non si spiega la sua assenza nell’edizione del 1936, anch’essa in
volume singolo e che per giunta poteva sperare in un maggior numero di vendite
in quanto aggiornata e arricchita di fotografie e immagini (immagini che,
secondo l’Avvertenza editoriale di OSF, non dovrebbero esserci…). Ma in realtà,
lì la bibliografia di Freud non è assente, bensì sostituita da una nuova e ben più
cospicua, di ben quattro, fitte pagine, che segnala i volumi di Gesammelte
Schriften, nel frattempo giunti al dodicesimo e ultimo, i sette volumi della
meno nota edizione in ottavo e infine una selezione di nove volumi singoli. Essa
però si propone non più come parte del testo, bensì come sorta di appendice, cosa
sottolineata dal fatto che compare addirittura dopo il breve indice delle
immagini. La nuova impostazione non fa che sottolineare la finalità di questa
biografia, ossia far conoscere, prima ancora che le opere di Freud, l’attività del
Verlag. Due elementi lo rimarcano: anzitutto scompaiono tutti i titoli pubblicati
da altro editore (sostanzialmente quelli preanalitici) e in secondo luogo, al
piè di ognuna delle quattro pagine dell’elenco troviamo la dicitura, in
stampatello, “Internationaler Psychoanalytischer Verlag”.
“Le mie cose migliori arrivano in effetti ogni sette anni: nel 1891 ho cominciato con il lavoro sull’afasia…” (lettera di Freud a Ferenczi del 9 luglio 1913; Freud, Ferenczi, 1992, 518).
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Lualdi M. M. (2019b), Freud, a quarant‘anni dai suoi scritti di neurologia. Contributo online.
Lualdi M. M. (2023), Nervosismoe nevrosi. Studio filologico e stilistico preliminare. Contributo online.
Meyer-Palmedo I., Fichtner G., Freud-Bibliographie mit Werkkonkordanz,
Fischer Verlag, Berlin, 1999.
[2] “emiparalisi
cerebrale”, “halbseitige Zerebrallähmung” nell’originale, a differenza del
volume del 1891 in cui si ha la più vetusta grafia “Cerebrallähmung”.
[3] Così è noto in
Italia il volume Zur Auffassung der Aphasien. A mio parere una traduzione
più accurata del titolo potrebbe essere “Per la concezione delle afasie”. Si
veda in proposito Lualdi, 2019a, 86 e segg.
[4] “Kenntnis”. “Kenntniss”
nel volume originale.
[5] “zerebralen”, a
differenza del lavoro originale in cui la grafia è “cerebralen”.
[6] “infanzia”: “Kinderalter” nell’originale. Il termine è interessante per due aspetti. Anzitutto spicca, in un contesto di rispetto del rinnovamento ortografico (“zerebral” al posto del sorpassato “cerebral”), in quanto forma più arcaica rispetto a “Kindesalter”, che si trova già nel titolo del volume originario di Freud. Inoltre, per evidente refuso, è privo della desinenza del genitivo (“Kinderalters”), qui atteso e naturalmente presente nel volume originario (“Kindesalters”). Su “Kinderalter” si veda la relativa voce nel Grammatisch-Kritisches Wörterbuchder Hochdeutschen Mundart (Ausgabe letzter Hand, Leipzig 1793–1801).
[7] Manca la parte conclusiva
del titolo: “(im Anschluss an die Little’sche Krankheit)”, ossia “(in aggiunta al
morbo di Little)”. Per la traduzione di “im Anschluss” con “in aggiunta” rimando
a Lualdi, 2019a, 80 e segg.).
[8] Si veda supra,
n. 2.
[9] Il volume, summa delle
conoscenze non solo di Freud ma della sua epoca sulle paralisi cerebrali
infantili, uscì come nono volume della collana manualistica diretta da Hermann
Nothnagel “Specielle Pathologie und Therapie”.
[10] Il testo uscì in
prima edizione sul periodico diretto da Leopold Löwenfeld “Grenzfragen des Nerven
und Seelenlebens”.
[11] In OSF: “Cinque
conferenze sulla psicoanalisi”. Titolo originale: “Über Psychoanalyse”.
[12] Sulla rivista e la
sua redazione, si veda Huppke, 2002.
[13] Peraltro la stessa
informazione, pur con una formula diversa, viene data anche nell’edizione del
1934.
[14] Si vedano in tal
senso i contributi ricordati nell’esaustivo elenco bibliografico degli scritti
di Freud compilato da Meyer-Palmedo e Fichtner indicati come 1888w, 1893bb, 1901c[1899],
1908h, 1910o (Meyer-Palmedo, Fichtner, 1999, 21, 26, 30, 33, 35). L’elenco è
consultabile anche online al sito psyalpha.
Effettivamente la differenza tra biografia e autorappresentazione è importante per leggere correttamente il contenuto. Grazie per queste tue ricerche raffinate e illuminanti. Francesco Marchioro
RispondiEliminaGrazie come sempre, Francesco, per la tua lettura attenta e per le puntuali considerazioni!
EliminaPregevole e accurata la sua disamina. Grazie davvero
EliminaGrazie a lei per la lettura e la positiva valutazione. Cerco regolarmente di documentare quanto affermo di modo da consentirne la verifica o la messa in discussione
EliminaCaro Michele, non si finisce mai di stupirsi rispetto ad un lavoro di così accurata e puntuale ricerca sulle fonti e sui primi passi del movimento psicoanalitico. Apri continuamente nuovi spiragli di lettura e di approfondimento, un lavoro che potrà stimolare ulteriormente quanti sono interessati alla storia e allo sviluppo del movimento psiconalitico. Grazie!
RispondiEliminaCaro Walter, grazie per il tempo dedicato alla lettura e per il tuo commento. Sono convinto che i documenti che raccontano la nascita e i primi sviluppi della psicoanalisi hanno ancora moltissimo da dirci. Un campo davvero affascinante.
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