Freud e il fotografo
Apparecchio fotografico pieghevole (Museo della scienza e della tecnologia "Leonardo da Vinci", Mila no). Fonte: wikimedia. Michele M. Lualdi |
Negli ultimi mesi del 1907 Jung trova il coraggio di chiedere a Freud una sua fotografia; possiamo seguire gli sviluppi della vicenda attraverso il prezioso carteggio tra i due. Scrive dunque Jung l’11 settembre:
“… posso forse esprimere un desiderio che mi perseguita da tempo e che ho sempre ricacciato: vorrei possedere una Sua fotografia…” (Freud, 1974a, 93).
Una
versione della fotografia, anche se non proprio una copia, è riportata nel prezioso
volume curato dal figlio di Freud, Ernst, sua moglie Lucie Brasch e da Ilse
Grubrich-Simitis Biografia per immagini (Freud E. et al.¸1976, 179).
In questo caso l’originale è conservato presso il Freud Museum di Londra, che previa
richiesta ne concede l’uso per le pubblicazioni digitali. Eccolo qui di seguito
(figura 1).
Figura 1: fotografia inviata da Freud a Jung nell’ottobre 1907. Per gentile concessione del Freud Museum di Londra [2]
Credo
inoltre di non essere il primo a essersi domandato come mai i figli di Freud
abbiano fotografato il padre con un telo come sfondo.
L’intera
questione, vuoi per la datazione approssimativa, vuoi per quest’ultimo interrogativo
richiede di essere approfondita: di documentazione per farlo ne esiste,
disseminata in archivi differenti. E proprio una tale distribuzione del materiale
spiega a mio parere perché gli elementi che andremo a considerare non sono
ancora stati collegati l’uno all’altro, almeno per quanto mi consta [3].
Si aggiunga che, trattandosi di materiale fotografico, i diritti d’autore continuano
a essere un significativo ostacolo, come poco sopra, non appena avanzato il
primo passo in questa ricerca, abbiamo avuto modo di toccare con mano.
Figura 3: fotografia di Freud. Per gentile concessione del Freud Museum di Londra.
A
sinistra: figura 4a (particolare dalla fotografia conservata presso il Freud Museum
di Londra); a destra: figura 4b (particolare della fotografia conservata presso
i Freud Archives della Library of Congress, Washington, D.C., e in Freud, 1974a,
tavola 2 fuori testo).
A
questo punto la situazione si complica su entrambi i fronti sopra considerati:
datazione e paternità non più della bensì delle fotografie.
Quanto
al primo punto, la nostra seconda foto è datata “ca. 1910” dal Freud Museum,
mentre Biografia per immagini (Freud E., et al., 1976, 186) la fa
risalire al 1907! Le due fonti non solo dunque non sono concordi tra di loro in
modo molto più netto di quanto non accadeva per la foto dei figli, ma mostrano entrambe
un’incongruenza interna e, attribuendo alla prima foto una datazione diversa
dalla seconda, dimostrano di non avere colto la relazione tra i due scatti. Fin
da ora, tenendo fermo il punto che la fotografia dei figli corrisponde a quella
inviata da Freud a Jung nel 1907, possiamo escludere che quella in figura 3,
poiché scattata nella stessa occasione, sia del 1910. Per contro, a rigore,
dobbiamo tener buono, almeno per ora, anche un ipotetico 1907 e così concludere,
in modo ancor più impreciso di prima, che nel complesso le due foto non risalgono
al periodo 1905-1906 ma a quello più ampio 1905-1907.
Per
quanto poi riguarda l’autore si direbbe che i figli di Freud si siano divertiti
a fotografare il padre non una ma due volte e da due diverse angolazioni, “suppergiù
nello stesso periodo” in cui questi fu costretto a farsi fotografare da un
professionista. Ma la situazione appare in realtà più complessa. Anzitutto si potrà
notare regolaremente che a qualunque fonte ci si rifaccia, la risoluzione delle
due immagini non è la stessa (meno buona per la foto dei figli), così come le
scale di grigi. E non è tutto: ritroviamo
infatti la fotografia di figura 3 in almeno altri due, diversissimi contesti e
con un’interessante variazione.
Il
primo è il Deutschlands, Österreich-Ungarns und Schweiz Gelehrte, Künstler
und Schriftsteller in Wort und Bild [Scienziati, artisti e scrittori
tedeschi, austro-ungarici e svizzeri in parola e immagine], un corposo
dizionario bibliografico curato da Gustav Adolf Müller e in due annate del
quale (1908 e 1910) compare un profilo bio-bibliografico di Freud (Müller,
1908, 134-5; Müller, 1910, 232) corredato in emtrambi i casi dalla stessa
forografia (figura 5).
Figura 5: ingrandimento della foto di Freud nel Deutschlands. Si veda per es. l’edizionedel 1908.
A
mancare è il telo sullo sfondo, che appare qui omogeneo (le variazioni di grigi
sono dovute, se non direttamente all’edizione originale del Deutschlands,
alla sua scansione offerta da archive.org). Ma proprio la conservazione dei
dettagli dei capelli dimostra che il ritocco non è stato fatto dalla stessa
mano che ha modificato la fotografia dei figli, bensì da una più esperta e
attenta. Se uno solo fosse l’autore dei due scatti, probabilmente anche l’elaborazione
dello sfondo sarebbe di identica qualità nei due casi: che si debba dunque
davvero pensare a più di un fotografo? Certo si potrebbe continuare a ipotizzare
che entrambe le foto siano dei figli e che l’editore del Deutschlands abbia
ricevuto la foto originale con il telo, provvedendo poi a modificare lo sfondo
con l’aiuto di un proprio collaboratore. Ma a parte il fatto che continua a restare
incomprensibile il senso di un simile drappeggio, il secondo e decisamente più
curioso contesto in cui ricompare la nostra terza fotografia porta a escludere
l’ipotesi che il ritocco sia stato fatto dall’editore.
Si
tratta di una cartella conservata presso i Freud Archives della Library of Congress
contenente un passaporto di Freud del… 1935 e poco altro materiale [4].
Fortunatamente questa cartella è liberamente accessibile agli utenti e il suo
materiale scaricabile. Posso dunque riportare l’immagine (figura 6).
Figura 6: fotografia di Freud, contenuta nella stessa cartella di documenti in cui si trova il passaporto di Freud del 1935.
Per
quanto poco probabile, il modo più semplice per dare coerenza ai dati fin qui raccolti
(due foto di qualità differente e con o sfondo diversamente elaborato) è quello
di pensare che due fotografi siano stati all’opera uno subito dopo l’altro, se
non addirittura in contemporanea, attorno a Freud: i suoi figli da un lato, un
professionista dall’altro [5]
Ciò pare però in contrasto con quanto espressamente scritto da Freud a Jung del
19 settembre:
“Due anni fa
dovetti farmi fotografare (come prescritto) per l’Esposizione igienica… I miei
ragazzi, suppergiù nello stesso periodo, mi hanno fatto una foto che è del
tutto naturale e molto meglio”.
Egli
riferisce qui di due occasioni in cui si lascia fotografare, ma l’espressione “suppergiù
nello stesso periodo” porta a escludere la loro contemporaneità. Purtroppo, ho
già in altre occasioni potuto constatare e dimostrare che la traduzione
italiana di questo fondamentale carteggio non è sempre affidabile (Lualdi,2019, p. 57 n. 102, pp. 61-2 nn. 108-110, pp. 117-9;
Lualdi, 2021;
Lualdi, 2022a, 2-4),
meglio dunque anche in questo caso fare un confronto con il testo originale. Si
scopre così che quel “suppergiù nello stesso periodo” è in realtà un “etwa
gleichzeitig” (Freud, 1974b, 98) che significa proprio: “all’incirca
contemporaneamente” (!). Questo è del resto il senso che veicola anche la traduzione
inglese, che rende con “at about the same time” (Freud, 1974b, 88). La nuova resa
dell’espressione freudiana ribalta la situazione e proprio l’ipotesi che soltanto
poco fa suonava improbabile acquista improvvisamente un fondamento documentale
e con ciò verosimiglianza: possiamo considerare contemporanee fotografie che
altrimenti saremmo stati spinti (stavo per dire costretti) a pensare separate
da un certo, imprecisabile, lasso di tempo. Quanto poi a quell’“all’incirca”
impiegato da Freud, non dobbiamo scordare che sta scrivendo a Jung a due anni
di distanza dagli eventi e soprattutto da Roma, ossia senza nemmeno poter
confrontare visivamente le fotografie di cui sta parlando, certamente custodite
a in Berggasse 19: questo spiega a mio parere la sfumatura di dubbio con cui si
esprime.
Si
potrebbe ora sollevare un’obiezione: d’accordo, le fotografie di cui parla Freud
nella lettera sono contemporanee, ma se una è quella dei figli, l’altra è
quella per l’Esposizione di igiene e, secondo Biografia per immagini, quest’utlima
non è quella con cui finora abbiamo confrontato la foto dei figli. Il
volume infatti propone un altro ritratto di Freud dichiarando trattarsi di quello
destinato all’Esposizione igienica (Freud E. et al., 1976, 178). Poiché
l'immagine è disponibile anche su commons.wikimedia, possiamo anche in questo
caso riproporla qui (figura 7).
Figura 7: fotografia di Freud da commons.wikimedia. La stessa è riportata a pagina 178 di Biografia per immagini.
A
sinistra: figura 8a (particolare della figura 3, per gentile concessione del
Freud Museum di Londra); a destra figura 8b (particolare di figura 7, da commons.wikimedia):
le linee nere collegano le pieghe del tessuto corrispondenti tra le due fotografie.
Molto
istruttivo è inoltre il confronto tra le due fonti: Biografia per immagini data
questa nuova fotografia “attorno al 1906”, mentre commons.wikimedia opta per un
“attorno al 1905”; il libro ne indica lo scopo, apopunto l’Esposizione di
igiene, ma nulla ci dice dell’autore, viceversa wikimedia non accenna ad alcuna
finalità della fotografia ma ce ne indica l’autore, Ludwig Grillich (1856 [6]
-1926), fotografo profesionista viennese.
Se
questa è davvero la foto “estorta” a Freud per l’Esposizione di igiene, dobbiamo
concudere, almeno provvisoriamente, che venne scattata da Grillich contemporaneamente
a (e non, più genericamente, “suppergiù nello stesso periodo” di) quella dei
figli: Freud dunque non mente scrivendo a Jung. Non solo, ma inizia a chiarirsi
il senso di più forografie che ritraggono Freud nella stessa postura ma da
angolazioni differenti (figfure 3 e 7): solo in tal modo il professionista può
consentire al suo committente di selezionare tra una rosa di scatti quello o quelli
migliori.
E anche
il famoso telo acquista ragion d’esere e forse più di altri elementi ci aiuta a
ricostruire con un certo realismo la situazione. Fu Grillich a recarsi a casa
di Freud (e non il secondo nello studio professionale del primo), dove naturalmente
erano presenti i suoi figli e dove dovette approntare un set fotografico
provvisorio: il telo era necessario per coprire i numerosi dettagli che
altrimenti avrebbero occupato lo sfodo rendendone difficoltosa la successiva
elaborazione. Mentre Freud restava immobile, come testimoniano le pieghe sulla
spalla e sulla manica destra dela giacca, il fotografo orbitava attorno a lui
per compiere il proprio lavoro. Finito ciò o, se si preferisce, subito prima – comunque
sia “all’incirca contemporaneamente”… – furono i figli a volerlo fotografare e
qui egli, non più o non ancora costretto a sottostare alle direttive del
fotografo, si permise di scegliere da sé la posa: le braccia conserte, il
sigaro tra le dita e ben visibile. Ecco una postura a lui più congegnale e la
foto gli parve più realistica e gratificante, al punto da sceglierla per inviarla
a Jung.
Una
simile ricostruzione spiega perché della foto dei figli non esiste una versione
con lo sfondo omogeneo e ben curato come per le altre due (Grillich di certo
non si preoccupò di essa) e perché la sua risoluzione è inferiore e diversa la
scala dei grigi.
La
prima delle due immagini si trova presso la Biblioteca Nazionale Austriaca (Österreichische
Nationalbibliothek, ÖNB), che fortunatamente ne consente l’uso [7].
Eccola dunque qui di seguito (figura 9).
Figura 9: fotografia di Freud conservata presso la Österreichische Nationalbibliothek. Link 1; Link 2.
La
ÖNB riporta anche l’autore della fotografia e non ci stupiremo di sapere che si
tratta di Grillich, il quale ritrae qui Freud da un’angolazione diversa dalla
foto a lui attribuita da commons.wikipedia: ciò rende ancor più concreta e
verosimile la situazione di un Freud in posa, attorno al quale si affaccenda il
fotografo. Del resto, che la foto sia stata scattata nella stessa occasione delle
precedenti non è difficile da verificare. Di aiuto sono
di nuovo la manica e la spalla destra della giacca, in cui si riconoscono con
facilità le pieghe a noi ormai note (figure 10a e 10b).
A sinistra:
figura 10a (dettaglio della figura 9,
per gentile concessione della ÖNB); a destra: figura 10b (dettaglio della
figura 7): nonostante la differente angolazione e la diversa risoluzione, che
rende sgranata la prima foto all’ingrandimento, la sovrapponibilità delle
pieghe dell’abito è inconfondibile.
A sinistra figura
11a (dettaglio della figura 9, per gentile concessione della ÖNB); a destra
figura 10b (dettaglio della figura 9): la prima immagine spiega l’avvallamento
che si nota nella seconda.
Anche la seconda delle foto
aggiuntive è proposta da quest’ultimo sito, che la data 1906 e la ritiene di
autore sconosciuto [9]. L’immagine
è, ahimè, tutelata da copyright e non sono riuscito a ottenerne il consenso
all’uso per questa ricerca. Non posso dunque che rinviare direttamente al sito.
Chi
voglia osservare quest’ultima immagine, ritroverà senz’altro le prevedibili pieghe
sulla manica e sulla spalla destra della giacca (oltre che, naturalmente,
l’abbigliamento perfettamente identico a quello già visto). La fotografia è
stata dunque scattata insieme alle altre, rispetto alle quali ritrae Freud da
una nuova angolazione. Ha inoltre la peculiarità di mostrare la poltrona sulla
quale questi è seduto: considerata l’ipotesi sopra avanzata che sia stato
Grillich a recarsi a casa di Freud, sarebbe interessante e utile scoprire,
attraverso uno scandaglio di altre immagini, se si tratti (come penso) di una
seduta di casa Freud: purtroppo, da quelle che ho potuto consultare non sono
riuscito a risalire a nulla del genere [10].
La
datazione
Ammesso
dunque che si abbia a che fare proprio con le fotografie di cui parla Freud
nella lettera a Jung del 19 settembre 1907, si può tentare di definire meglio
quando furono scattate.
Conviene
anzitutto fare un piccolo schema che sintetizzi la – sconsolante – situazione
attuale.
Tabella 1: la numerazione delle fotografie di Freud segue quella con cui sono riportate nel presente lavoro. Nell’ultima riga, con “*” è indicata la foto qui non riprodotta per questioni di copyright e visibile sul sito austria-forum. “s.d.”: senza data.
Se,
per quanto argomentato sopra, l’insieme degli scatti è da porre prima dell’Esposizione
di igiene, dobbiamo scartare non solo, come già supposto in precedenza, il
1910, ma anche una seconda datazione, ossia quel 1907 che avevamo in prima
battuta dovuto ritenere possibile. L’Esposizione di igiene si tenne infatti a Vienna
tra il 12 maggio e il 15 luglio 1906 e, a scanso di equivoci, fu la prima del
genere organizzata dalla città (due esposizioni simili si erano avute negli
anni ’80 del secolo precedente a Parigi e a Berlino; Ganahl, 2015, 141 [13]):
il riferimento di Freud è dunque senz’altro a questo avvenimento.
Va
però chiarito che nessuna delle due fonti in cui troviamo espressamente citata l’Esposizione
di igiene (il carteggio Freud-Jung e Biografia per immagini) riferisce
qualche informazione su quando questa si tenne e per giunta, non diversamente
dalle altre che datano l’una o l’altra immagine al 1906 (in pratica tutte tranne
ÖNB e i Freud Archives, che si astengono da considerazioni in merito), non giustificano
la loro stima agganciandosi a tale evento. Pertanto risulta non chiara e non
sufficientemente motivata una simile datazione, soprattutto da parte del carteggio
e di Biografia per immagini, il primo contenendo la lettera di Freud del
19 settembre 1907 in cui si parla di foto scattate due anni prima e il
secondo facendo esplicito riferimento proprio al passaggio della missiva in cui
Freud lo dichiara. Perché dunque non prendere per buona la considerazione di
Freud e datare la foto dei figli e quella per l’Esposizione di igiene – oltre,
possiamo ora aggiungere, alle restanti tre – al 1905 [14]? Che motivi potrebbero esserci per
non tener conto (surretiziamente) della sua parola, sostituendola con altra
datazione [15]?
Va
ammesso, Freud non sempre è affidabile nel datare gli eventi. Un esempio lo coglie Clark nelle lettere a
Fließ, relativamente all’autoanalisi:
“Nell’agosto 1897,
mentre era in vacanza, disse a Fliess: ‘Il malato che oggi più mi preoccupa sono
io stesso’. Eppure, tre mesi dopo dirà a Fliess che la sua auto-analisi era
cominciata soltanto dopo le vacanze” (Clark, 1980, 175).
È peraltro da sottolineare che un conto è riferire di un evento non solo dagli incerti inizi (Lualdi, 2022b) ma anche e soprattutto emotivamente carico come l’autoanalisi, un altro riferire di una situazione puntuale, per Freud sgradita e per giunta unica in quindici anni: l’aver posato davanti a un fotografo. Si tenga poi conto che nel momento in cui Clark pone in dubbio la cronologia proposta da Freud lo fa esplicitamente e appoggiandosi ad altra documentazione, mentre nel nostro caso non abbiamo nulla del genere. Mettiamo dunque qui alla prova i due riferimenti cronologici offertici da Freud nella lettera del 19 settembre.
Il
primo ha che fare con i “quindici anni” che egli afferma essere trascorsi dall’ultima
volta che si è “messo volontariamente davanti a un fotografo” [16],
ovviamente professionista. Ora, consultando Biografia per immagini, per il
periodo 1892-1907 troviamo due ritratti di famiglia del 1898 e uno scatto del
1901 che coglie Freud in lontananza mentre pesca a Bad Reichenhall con il
figlio Ernst (Freud E. et al., 1976, 150, 151, 166), ma in questi casi
la mano non si direbbe quella di un professionista. Inoltre non si tratta di
foto che lo ritraggono come soggetto unico e, per giunta, quella con Ernst non
è certo frutto di una sua decisione intenzionale di farsi fotografare. Si
aggiunge un’altra fotografia scattata in casa e risalente anch’essa al 1898
(Freud E. et al., 1976, 154-5). Tuttavia, il fatto che in essa sia a
fuoco lo sfondo e non la figura di Freud in primo piano porta di nuovo a
escludere che si tratti di un lavoro professionale (e che forse il soggetto non
avesse per l’occasione molta voglia di farsi ritrarre). Solo un’immagine
risponde ai nostri requisiti, ossia è certamente una sua posa (voluta e individuale)
di fronte a un fotografo di professione: è il ritratto in cui compare con
l’amico Wilhelm Fließ e stimato risalire agli inizi degli anni ‘90 (Freud
E. et al., 1976, 156 [17]). Ciò
considerato, si può concludere
che davvero nel 1907 erano quindici anni (o poco meno) che Freud non posava per
un fotografo [18], fatta naturalmente eccezione per l’Esposizione
di igiene, in cui lo fece, ma non “volontariamente”.
Se i dati in nostro possesso ci portano a
considerare credibile Freud quando riferisce che da 15 anni rifugge dai set fotografici
professionali, a maggior ragione mi pare doveroso considerarlo affidabile
quanto al secondo riferimento cronologico, ossia quando riconduce al 1905 la
foto scattata per l’Esposizione di igiene: non trovo motivi per mettere in
dubbio la linea temporale da lui proposta. Curiosamente, soltanto commons.wikimedia,
che propone una sola delle fotografie della serie, azzarda la datazione
“attorno al 1905”, ma senza fare esplicito riferimento alla lettera di Freud a
Jung del 19 settembre 1907 e più in generale (come del resto tutte le
altre fonti) senza dare giustificazione alcuna della datazione proposta.
Io sarei ancor più netto questo sito e, sulla
base dei dati raccolti, propongo dunque di datare tutte le nostre fotografie al
1905: non è certo inverosimile che gli organizzatori dell’Esposizione di igiene,
per poter essere pronti per tempo avessero richiesto fin dall’anno precedente
ai medici di Vienna i ritratti da esporre nei padiglioni della mostra.
Questioni aperte
A Jung
scrive che si tratta di uno scatto che gli fa “ribrezzo”. Eppure ne ha a
disposizione almeno altri tre, uno dei quali sceglie tra l’altro di impiegare
per il Deutschlands, ben sapendo che lì rimarrà disponibile, essendo
legato alla sopravvienza del volume, per un tempo molto più lungo dei tre mesi
di apertura dell’Esposizione di igiene. Il fatto poi che conservi proprio tale fotografia
per farne quella che pare una foto-tessera (figura 6) suggerisce che essa non
gli faccia “ribrezzo”: perché allora non impiegarla anche per l’Esposizione?
Cercando
di azzardare una risposta, forse erano richiesti o fortemente caldeggiati (o
più semplicemente era prassi) ritratti frontali o di tre quarti, come si può
supporre da una pagina dell’articolo di un giornale dell’epoca, il Wiener Bilder
del 16 maggio 1906 (Anonimo, 1906) che, riferendo dell’evento, riporta anche le
fotografie di alcuni dei protagonisti (figura 11).
Ma
anche ammesso ciò, Freud ha a disposizione almeno tre ritratti frontali tra cui
scegliere (figure 7 e 9, oltre alla fotografia qui non riportata per
copyright). Dalla lettera del 19 settembre non possiamo che dedurre che, se la
prescelta non gli piaceva, le altre evidentemente dovevano sembrargli ancor
peggiori oppure che solo una, per lui orrenda, si adattave alle richieste degli
organizzatori dell’evento. La questione aperta è, però, perché i curatori di Biografia
per immagini indichino la nostra figura 7 come quella presentata all’Esposizione
o, detto altrimenti, su che base si possa escludere una delle altre due frontali.
Per dirimere la questione occorrerebbe una fonte di
prima mano e forse ci sarebbe: si tratta del catalogo ufficiale dell’Esposizione,
a cura di J. Gally: Offizieller Katalog der unter dem höchsten
Protektorate Sr. k. u. k. Hoheit des Durchlauchtigsten Herrn Erzherzogs Leopold
Salvator stehenden Allgemeinen Hygienischen Ausstellung Wien-Rotunde 1906 (Wien, 1906).
Chissà che non contenga le fotografie esposte per l’evento e dunque anche
quella di Freud; purtroppo l’ho solo trovato segnalato online [19] ma non
sono riuscito a reperirne copie consultabili.
Figura 11: pagina 5 del WienerBilder del 16 maggio 1906. L’articolo è dedicato all’Esposizione di igiene; nella metà inferiore del foglio le fotografie di alcuni dei protagonisti.
La
cartella dei Freud Archives della Library of Congess
Figura 12: passaporto di Freud del 1935. Fonte: Library of Congress, Washington D.C.
Che
l’anno del passaporto, riportato a mano, contenga un refuso nella cifra delle
decine (1935 al posto di 1905) sarebbe soluzione comoda, ma purtroppo da
scartare: l’aquila bicipite nell’angolo in alto a sinistra ci conferma
trattarsi di un documento del periodo di dominio nazista [20].
Tolta
questa opzione, non ho altre ipotesi da proporre: non mi resta che pensare che si
tratti di niente più che di un caso – non certo unico – di maldestra
archiviazione del materiale nei Freud Archives [21].
Bibliografia
Anonimo, Die Eröffnung der hygienischen Ausstellung in Wien (mit einer photographischenAufnahme) In Wiener Bilder, 16. May 1906, 4-6.
Clark R. (1980), Freud,
Rizzoli Editore, Milano, 1983.
Engelman E. (1993), Sigmund
Freud. Wien IX. Berggasse 19, Thelema, 1995.
Freud E., Freud L.,
Grubrich-Simitis I. (a cura di) (1976), Sigmund Freud. Biografia
per immagini, Bollati Boringhieri, Torino, 1978.
Freud S. (1974a), Epistolari. Lettere tra Freud e
Jung 1906-1913, Bollati Boringhieri, Torino, 1974.
Freud S.,
Briefwechsel Sigmund Freud/C.G. Jung, Buchclub Ex Libris, Zürich, 1976.
Freud S. (2010), Intanto
rimaniamo uniti. Lettere ai figli, Archinto, Milano, 2013.
Ganahl
S., Karl Kraus und Peter Altenberg. Eine Typologie moderner Haltungen,
Konstanz University Press, Paderborn, 2015 [29.11.2022].
Lualdi M. M., A un passo d’arte. In
Freud S., Jensen W., “Non è vana curiosità”. Carteggio Freud-Jensen (1907),
Youcanprint, Tricase, 2019, 37-172.
Lualdi M. M. (2020), Sigmund Freud,figlio della neurologia, padre della psicoanalisi. In Freud S. (1887), Introduzione
critica alla neuropatologia, Youcanprint, Tricase, 2020, 5-102.
Lualdi M. M. (2021), Poveri
noi. Cosa ci perdiamo nelle traduzioni. Contributo online.
Lualdi
M. M. (2022a), Due brevi note. Contributo online.
Lualdi
M. M. (2022b), Selbstprüfung: avvio e origini dell’autoanalisidi Freud. Contributo online.
Müller G. A. (herausgegeben von), Deutschlands,
Österreich-Ungarns und Schweiz Gelehrte, Künstler und Schriftsteller in Wort
und Bild, Bruno Volger Verlagsbuchhandlung, Leipzig-Gohlis, 1908, 134-5.
[1] Si veda in tal senso anche Freud, 1974a, 101 n. 1.
[2] Ringrazio in particolare la dottoressa Marina Maniadaki del Freud
Museum di Londra per avere gestito con esito favorevole la mia richiesta (email
del 5.12.2022).
[3] L’enorme mole della documentazione e la sua diffusione in tante sedi
diverse lascia naturalmente aperta la possibilità che mi sia sfuggito altro
materiale importante ai fini della mia ricerca. Allo stesso modo, la numerosità
delle pubblicazioni dedicate alla storia di Freud e della psicoanalisi rende
assai probabile che altri abbiano già sostenuto e pubblicato quanto presento in
queste pagine e che semplicemente io non sia riuscito a reperire tali
precedenti.
.
[4] Link:
https://www.loc.gov/resource/mss39990.04907/?sp=1&st=gallery.
[5] Si è già detto che ritenere entrambe le foto come scattate dai figli
non spiega né il telo, né la diversa qualità delle immagini né, infine, la
diversa elaborazione degli sfondi. Ma anche l’ipotesi che le due foto siano di
un unico fotografo professionista, che operò diversamente suli due sfondi porta
a conseguenze ancor meno verosimili. Si dovrebbe anzitutto concludere che Freud
non inviò a Jung la foto scattata dai figli e poi cercare una spiegazione del
diverso trattamento cui venne sottoposto lo sfondo dei due scatti dal loro
autore. Non che non si possano ricostruire scenari adatti a sostenere queste
due possibilità, ma il materiale presentato da qui in avanti credo dimostrerà
che il modo più semplice di organizzare gli elementi resta quello di suppoorre
due diverse mani: quella di un fotografo professionista e quella dei figli di
Freud.
[6] Questo l’anno di nascita secondo la Österreichische Nationalbibliothek
(https://onb.digital/search/483508);
1855 secondo en.wikipedia (https://en.wikipedia.org/wiki/Ludwig_Grillich).
Non ho trovato molte informazioni sul suo conto, ma di certo fu fotografo molto
rinomato, a giudicare dai soggetti che ne chiesero i servigi. Si veda in proposito
il seguente link: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?search=ludwig+grillich&title=Special:MediaSearch&go=Go&type=image.
[7] Ringrazio Mathias Böhm della ÖNB per
la pronta e costruttiva collaborazione (email del 02.12.2022).
[8] https://austria-forum.org/af/Bilder_und_Videos/Historische_Bilder_IMAGNO/Freud%2C_Sigmund/00474692.
[9] Alla voce “Kunstler”, ossia “artista”, segue la sigla “k. A.”, cioè “keine
Angabe” (“nessuna informazione”) o anche “keine Ahnung” (nessuna idea”).
[10] Oltre al già citato Biografia per
immagini e alle prime sessante fotografie conservate presso
il Freud Museum di Londra, ho consultato il prezioso volume Sigmund Freud. Wien IX. Berggasse 19 (Engelman, 1993)
[11] Avanzo l’ipotesi che la versione con lo sfondo (malamente) ritoccato di
tale immagine sia da considerarsi postuma. Se Freud avesse posseduto una versione
elaborata dell’immagine avrebbe certo inviato quella a Jung. Difficile pensare
che si occupò dopo il 1907 di quella fotografia (sempre ammesso che non avesse
spedito a Jung l’unica copia in suo possesso): a che scopo lo avrebbe fatto?
Poco probabile mi pare anche l’ipotesi che Jung, ricevuto il ritratto ne abbia
fatta una copia per ritoccare lo sfondo.
[12] La seconda edizione di Psicopatologia
della vita quotidiana uscì con ogni probabilità nella seconda metà di
giugno del 1907 (Lualdi, 2022a, 4-5). Come limite ante quem, si può peraltro ipotizzare che Freud spedì al’editore foto e
questionario entro il marzo dell’anno successivo. Quel mese usciva infatti il
secondo volume della collana, che Freud segnalerà solo nel successivo Deutschlads (1910), Schriften zur angewandten Seelenkunde, ossia Appagamento di desiderio
e simbolismo nella favola, di Franz Riklin (Freud,
2010, 42). Volume d’esordio era stato il freudiano Il delirio
e i sogni nella “Gradiva” di Wilhelm Jensen, uscito tra
l’aprile e il maggio del 1907 (Lualdi, 2019, 52-3) e presente già nel Deutschlands del 1908, benché
senza l’esplicita indicazione della sua appartenenza a una specifica collana di
scritti psicoanalitici.
[13] Il volume di Ganahl è liberamente scaricabile qui: https://www.k-up.de/openaccess/9783835390591.pdf
[29.11.2022]. In alternativa, per l’Esposizione di igiene di Vienna si veda: https://de.wikipedia.org/wiki/Wiener_Hygieneausstellung_1906.
[14] La datazione 1906 proposta dall’edizione italiana del carteggio Freud-Jung
non è un refuso di stampa, poiché la si ritrova identica sia nella versione
inglese (Freud, 1974b, vii) sia nell’edizione originale tedesca (Freud, 1976,
vii).
[15] Si potrebbe pensare, ad esempio, che una delle fotografie rechi sul retro
una data: questo sarebbe dirimente, ma in nessun caso sono riuscito a compiere un
tale controllo.
[16] Ecco cosa scrive Freud: “Ich habe seit 15 Jahren keinem Photographen mit Willen gesessen” (Freud, 1976,
97).
[17] Per la datazione: https://de.wikipedia.org/wiki/Wilhelm_Flie%C3%9F#/media/Datei:FreudFliess1890.jpg.
[18] Una ricerca decisamente più esaustiva potrebbe essere condotta scandagliando
le oltre 3000 immagini conservate dal Freud Museum di Londra tra la documentazione
freudiana. A questo link https://www.freud.org.uk/collections/archives/archive-records/IN/
si può trovare la voce “hierarchy browser” seguita da una freccia rivolta verso
destra. Cliccando sulla freccia si apre l’elenco dei link alle singole fotografie.
Personamente ho controllato le prime sessanta ma per il quindicennio 1892-1907
non ne ho trovate, naturalmente fatte salve le due considerate in questo lavoro
(nn. 7 e 10 dell’elenco del Freud Museum). Non è però privo di significato che
ne ho invece trovate altre tre tutte datate 1891: la n. 4 (che reca sul
retro l’annotazione “Maggio 1891”), la n. 5, del fotografo Székely, e la n. 6.
[19] Si vedano https://de.wikipedia.org/wiki/Wiener_Hygieneausstellung_1906 e Ganahl, 2015, 14 n. 87 (https://www.k-up.de/openaccess/9783835390591.pdf).
[20] Si veda in proposito: https://de.wikipedia.org/wiki/St%C3%A4ndestaat_(%C3%96sterreich).
[21] Altro esempio di archiviazione confusa da parte dei Freud Archives
riguarda l’inedito di Freud del 1887 Introduzione
critica alla neuropatologia, i cui fogli, singoli,
mancano ancora del corretto ordine, cosa che a lungo ha scoraggiato gli
studiosi dal metter mano a quell’importante documento (Lualdi, 2020 https://www.academia.edu/44255537/Sigmund_Freud_Figlio_della_neurologia_padre_della_psicoanalisi, 9-10).
Una ulteriore conferma di come un metodo storico, filologico unito alla curiosità e all'interrogazione di testi e immagini possa condurre a scoperte e risvegli imprevedibili. Grazie alla paziente e intelligente ricerca, ancora una volta Lualdi fa luce su versioni accreditate più dall'inerzia che dalla fondatezza, ponendo dubbi, lanciando ipotesi e proponendo soluzioni ad aspetti e fatti che in tal modo acquistano la loro propria luce nella storia e nella conoscenza provata della psicoanalisi e dei suoi protagonisti, Freud per primo. Grazie e stima!
RispondiEliminaCaro Francesco, grazie per il commento, che giunge da chi del metodo storico e dello studio di Freud e della psicoanalisi ha fatto la passione di una vita: un vero onore.
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