Sigmund Freud, A proposito di un sintomo che spesso accompagna l’enuresis nocturna dei bambini (1893)
Luke Fildes (1843-1927): The Doctor (particolare) (fonte: Wikimedia) |
Vai al PDF dell'articolo
A proposito di un sintomo che spesso accompagna l’enuresis nocturna dei bambini [1]
[735] Da anni osserviamo presso il primo Istituto pediatrico pubblico di Vienna (Prof. Kassowitz [2]), nei bambini affetti da enuresis nocturna, un interessante fenomeno che non si trova menzionato in altro luogo quale sintomo concomitante di questo disturbo e la cui comprensione ci ha procurato difficoltà. Circa la metà di tali bambini mostra infatti un’ipertonia degli arti inferiori che spesso raggiunge un grado assai elevato, senza ulteriore disturbo della loro funzionalità. Si può accertare la presenza di questa anormalità nella seguente maniera: quando il bambino siede svestito su un tavolo con gli arti inferiori appoggiati su di esso, si afferrino le sue gambe per i piedi e si provi a divaricarle quanto più ampiamente possibile. Si incontra allora una resistenza che, forte all’inizio, si allenta molto dopo poco tempo, e a colui che ha a che fare con i bambini ricorda la rigidità della paralisi spinale spastica [3], così definita ingiustamente [la mia categoria della rigidità paraplegica, tra le diplegie cerebrali] [4], la contrattura “lead-pipe” [5] degli autori inglesi. La resistenza, che all’inizio sembra a malapena superabile, proviene dagli adduttori, che qui si tendono come rigidi cordoni, sicché si forma un profondo avvallamento tra il loro tendine e la restante muscolatura della coscia. Se si lasciano le gambe ora divaricate, spesso esse si riavvicinano di scatto, come in conseguenza di una tensione elastica; in ciò [736] talvolta i calcagni addirittura battono con un forte rumore l’uno contro l’altro. Oltre che agli adduttori, si può osservare con facilità questa ipertonia al quadriceps cruris [6]. Se, con la gamba in posizione distesa, se ne afferra il segmento inferiore e si cerca di fletterlo rapidamente verso la coscia, si incontra la medesima resistenza che, inizialmente molto intensa, molto presto si allenta e, a una rapida ripetizione della flessione, si rinnova solo molto debolmente. I riflessi tendinei sono qui piuttosto aumentati, le masse muscolari si presentano spesso assai ben sviluppate e si mostrano sode al tatto. Oltre al grado elevato di tensione descritto, si trovano spesso nei bambini con enuresis nocturna diversi gradi più lievi [della stessa] e in circa metà dei casi il fenomeno è, come detto, impercettibile.
Sono
state avanzate diverse spiegazioni di questo sintomo di cui all’istituto
pediatrico ho potuto spesso dar prova ai miei collaboratori e agli esterni:
1.
La tensione è stata considerata volontaria, in
conseguenza dell’angoscia o della vergogna dei bambini. Contro ciò parla il fatto
che essa si manifesta allo stesso modo nei maschi e nelle femmine e che tra i
bambini normali che [abbiamo] visitato con questa modalità è stata rilevata solo
molto raramente o per nulla. L’influsso della volontà del bambino sulla tensione
è il seguente: se il bambino viene invitato a lasciar rilassate le gambe,
allora la tensione si allenta, ma si ripresenta tale e quale al successivo
tentativo o dopo una pausa. Se si tenta la flessione del ginocchio mentre il
bambino rilassa su richiesta gli adduttori, allora si trova invariata la
resistenza del quadriceps e viceversa [7]. Nei gradi più elevati, il
bambino non è in grado di abolire completamente la tensione in maniera
volontaria. – Un’osservazione simile, secondo cui i bambini, per paura di
perdere l’urina, potrebbero essersi abituati a stringere le cosce l’una
all’altra, si liquida considerando la presentazione notturna del disturbo.
2.
Considerato che questa ipertonia degli arti
inferiori, fin dove giunge la sua descrizione, è completamente sovrapponibile
alla rigidità della cosiddetta paralisi spinale spastica, abbiamo inizialmente creduto
di dover vedere, nei casi di enuresis nocturna, casi rudimentali di tale
affezione. Solo che i casi di paralisi spinale spastica mostrano, quando si mettono
i bambini in piedi, una tendenza a incrociare le gambe o quantomeno a premere
le ginocchia l’uno contro l’altro, un tardivo sviluppo e una limitazione della
motilità volontaria. Non abbiamo potuto ritrovare nulla di tutto ciò nell’enuresis;
la funzionalità degli arti inferiori era completamente integra, i bambini correvano,
saltavano ecc… con forza normale e in modo normale. Nemmeno ci è riuscito di
dimostrare con sufficiente frequenza, nei bambini con enuresis, il
fattore etiologico della rigidità paraplegica (parto pretermine) o la sua
caratteristica complicazione dello strabismus [8]. Infine, benché l’enuresis
nocturna compaia in bambini con rigidità paraplegica, abbiamo dovuto comunque
ammettere che essa non appartiene affatto ai sintomi tipici o anche soltanto
frequenti di questo e di altri tipi di diplegie cerebrali (si veda il mio
lavoro: [“]Per la [737] conoscenza delle diplegie cerebrali dell’infanzia (in
aggiunta al morbo di Little)[”] [9], Vienna, 1893. Recensito in
questa rivista, nel n. 15 del 1893 [10].
3.
Che l’ipertonia non si trovi costantemente nei casi
di enuresis, ma solo in circa la metà di essi, non dimostra nulla contro
uno stretto collegamento tra i due sintomi. L’enuresis nocturna è notoriamente
un fenomeno ambiguo, che rinvia a diversi disturbi e svariate etiologie e potrebbe
benissimo essere che l’ipertonia pertenga solo all’una o all’altra forma di enuresis,
e che dunque in questa rappresenti un sintomo concomitante costante. Se questo
sia davvero il caso e per quale forma di enuresis sia valido non abbiamo
potuto valutarlo con sicurezza dal nostro materiale.
4.
Abbiamo prestato attenzione in particolare se
l’ipertonia coincidesse regolarmente con quelle caratteristiche che confortano la
concezione di un’enuresis nocturna quale equivalente di un attacco
epilettico (queste caratteristiche sono: il bambino ha raggiunto in un primo
tempo il controllo sfinterico, l’enuresis è comparsa solo dopo un intervallo
di comportamento normale; è stata da principio più rara, è poi divenuta più
frequente; non si presenta ogni notte ma piuttosto regolarmente 1-2-3 volte a
settimana, però anche più volte in una stessa notte; oppure si arresta per
settimane per poi ripresentarsi per alcune notti di fila; inoltre, determinanti:
la prova del bromo [11] e certe condizioni
collaterali dei casi).
5.
Una forte correlazione tra l’intensità dell’ipertonia
e l’intensità e la persistenza del disturbo notturno della funzione non esiste.
Abbiamo spesso trovato immodificata l’ipertonia nei casi in cui avevamo
ottenuto la guarigione dall’enuresi notturna [12] ad es. con l’impiego
continuo di estr[atto] flu[ido] di Rhus Aromat[ica] [13].
In base a
quanto precede, siamo giunti alla conclusione che il significato dell’ipertonia
manifestantesi nei casi di enuresis nocturna è ancora da chiarire, che tale
sintomo sembra tuttavia tale da influenzare la concezione di alcune forme di
enuresi notturna. È infatti scontato spiegare questo disturbo con un’iperinnervazione
spinale del detrusor vescicae [14] analoga a quella direttamente
dimostrata all’esame dei muscoli degli arti inferiori.
Vienna,
ottobre 1893.
Qualche
considerazione
“Lo scritto A qui accluso (enuresi) è una sciocchezzuola…”
Il secondo consiste nell’asettica indicazione della sua esistenza al punto 23 in Sommari dei lavori scientifici del libero docente dottor Sigmund Freud (Freud, 1897, 380), accompagnata da un laconico ma efficace riassunto per mano dello stesso Freud:
“Per circa la metà dei casi si riscontra nei bambini sofferenti di enuresi un’ipertonia degli arti inferiori, la cui interpretazione e le cui implicazioni permangono oscure”.
“Non vi è qui traccia di una interpretazione psicogenetica dell’enuresi. Freud mandò a Fliess il lavoro accompagnandolo con una lettera del 17 [sic] novembre 1893, in cui si diceva assai poco soddisfatto”.
Tale nota presenta due punti interessanti, direi uno per periodo. Nel primo viene dichiarata l’assenza di interpretazione psicogenetica come semplice dato di fatto, senza cercarne o darle un significato e senza contare che, si potrà leggere, una simile interpretazione in realtà non è del tutto assente, venendo piuttosto abbozzata ma rinunciata sul nascere. Nel secondo periodo della nota viene indicata una valutazione di Freud in merito all’articolo che non può che essere stata desunta dalla citazione da me sopra riportata e presa appunto dalla lettera di Freud a Fließ del 27 novembre 1893 (non “17”: l’epistolario non contempla infatti alcuna lettera di Freud a Fließ in tale data): altri riferimenti all’articolo sull’enuresi, la lettera in oggetto non ne contiene.
Ora, il termine reso con “sciocchezzuola” è in realtà il tedesco “Schmarrn” (Freud, 1985b, 55), sostantivo dal significato piuttosto sfaccettato e con connotazioni decisamente più negative di quanto non faccia cogliere la resa italiana[15]. Si dovrebbe piuttosto intendere “cosa priva di valore”, “inutile/inutilizzabile” o, in modo forse meno decoroso ma certo più incisivo, “una boiata”[16]. Ma perché un autore nel fiore della sua produzione neurologica, che pochi mesi prima pubblicava una rinomata monografia dedicata alle diplegie infantili[17], essa stessa prosieguo di un altrettanto fortunato tomo dedicato alle emiplegie infantili[18], avrebbe dovuto esprimersi così negativamente su un proprio articolo inerente lo stesso ambito (e che per giunta, per quanto ne sappiamo, nessuno lo obbligava né a scrivere né tantomeno a pubblicare)?
Cercando di vederci più chiaro, consideriamo che a fare il paio con questo giudizio piuttosto sprezzante sul lavoro sta il totale silenzio che, come detto, lo stesso Freud farà prontamente calare su di esso, nonostante si tratti in sostanza del suo primo tentativo di comprendere qualcosa di un sintomo, l’enuresi, sul quale in anni seguenti si soffermerà più volte come psicoanalista (ad es.: Freud, 1899, 203, 363, 367[19]; Freud, 1901a, 180; Freud, 1901b, 362; Freud, 1905, 499; Freud, 1908a, 405; Freud, 1924, 29; Freud, 1925, 209).
In realtà anche in questo scritto viene tentata una lettura psicologica del sintomo, non tanto quello enuretico, quanto di quello motorio che, come dice il titolo, spesso lo accompagna: non è forse un caso che tale chiave di lettura venga proposta per prima. Essa viene però subito e maldestramente ricusata.
Si consideri che nel 1893 Freud è già intensamente occupato a studiare i fenomeni isterici e, più in generale, psichici. Basterebbero a provarlo il contenuto delle lettere che scrive a Fließ in questo torno d’anni, così come le Minute che gli invia e nelle quali sono contenuti i suoi primi tentativi di organizzare passo dopo passo una teoria dello psichico (sintomatologia, nosografia, etiologia, ecc…). Si tenga presente, per fare un esempio, che il lavoro sull’enuresi è dello stesso anno del certo più noto Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche (Freud, 1893b), che già dal titolo palesa la disponibilità di Freud a intendere anche il sintomo motorio quale fenomeno psichico (Freud, 1893b, 82-3). E che dire del fatto che, circa di quattro mesi più tardi, egli svilupperà il concetto di conversione isterica, sotto il termine di “trasformazione” (lettera di Freud a Fliess del 7 febbraio 1894 in Freud, 1985a) e, dato interessante, accennerà nella stessa lettera al suo successo nel collegare un sintomo di incontinenza urinaria alla sessualità affermando: “a chi l’avesse cercato in modo meno monoideistico di me sarebbe passato inosservato”[20]? Eppure, di fronte a bambini enuretici e con alterazioni a carico della muscolatura volontaria preferisce restare saldamente ancorato al terreno della neurologia.
Non è tutto. Pur già avvezzo a dover scoprire ciò che il paziente non sa di sapere e a non far coincidere la psiche con la coscienza, Freud limita in questo scritto la sua ipotesi psicologica alla considerazione del sintomo motorio quale fenomeno “volontario” – dunque cosciente – del bambino. Avvezzo a interrogare i suoi pazienti, spogliandosi e spogliandoli di ogni “pruderie”, avvezzo a forzare per aprirsi un varco tra le loro resistenze psichiche, nulla domanda invece ai suoi piccoli pazienti (né, evidentemente, ai loro genitori), letteralmente spogliati di fronte a lui, limitandosi ad aprirsi, altrettanto letteralmente, un varco tra le loro gambe, con ciò forzando una ben concreta resistenza[21] muscolare. Infine, dopo avere limitato la considerazione dei possibili fattori psichici a quelli coscienti, senza indagare oltre, ecco come liquida la questione:
“La contrazione [ossia il disturbo motorio in oggetto] è stata rilevata assai raramente o per nulla tra i bambini normali visitati alla stessa maniera”.
Ora, in un lavoro scientifico non ci si aspetta un’asserzione ambigua quale: “raramente o per nulla”. Altro infatti è un sintomo raro, dunque esistente per quanto di difficile osservazione, altro l’assenza di un sintomo (“per nulla”).
Forse qualcosa non torna; si coglie più lo sforzo fatto per negarsi a una lettura psicologica del fenomeno nel suo complesso (enuresi e resistenza muscolare) che non la sua ponderata esclusione dal novero delle ipotesi. Tant’è vero che la psiche fatta uscire, per così dire, dalla porta, rientra dalla finestra. E così, dopo avere argomentato a sfavore del meccanismo psichico, ecco cosa dichiara quando a fine lavoro deve esporre le conclusioni:
“siamo giunti alla conclusione che il significato dell’ipertonia manifestantesi nei casi di enuresis nocturna è ancora da chiarire, che tale sintomo sembra tuttavia tale da influenzare la concezione di alcune forme di enuresi notturna. È infatti scontato spiegare questo disturbo con un’iperinnervazione spinale del detrusor vescicae analoga a quella direttamente dimostrata dall’esame dei muscoli degli arti inferiori.”
Qui la parola chiave è “iperinnervazione” (Überinnervation): “Innervation” (innervazione) è infatti il termine che Freud impiegherà tanto in Studi sull’isteria quanto nel già citato articolo del 1894, Le neuropsicosi da difesa, scritto soltanto tre mesi più tardi (Freud, 1894a, 119), per indicare il meccanismo isterico – dunque psicologico – alla base dei sintomi di conversione motori e sensoriali (Freud, Binswanger, 1992, 124-5 n. 7; Lualdi, 2017, 24).
Che dunque il vero centro di questo lavoro stia proprio in ciò che manca, ossia nella rinuncia a interrogare da un punto di vista psicologico il sintomo e chi lo presenta? [22] Che sia per questo che Freud si risolve a considerarlo uno “Schmarrn”? Né si obietti che un Neurologisches Centralblatt non sarebbe stato una sede opportuna per lavori psicologici: su questa stessa rivista Freud avrebbe pubblicato poco più tardi proprio l’articolo appena citato e di contenuto prettamente psicoanalitico, Le neuropsicosi da difesa (Freud, 1894a, 119).
Bibliografia
Freud S. (1893a), Per la conoscenza delle diplegie cerebrali dell’infanzia (in aggiunta al morbo di Little), Youcanprint, Tricase, 2019.
Freud S. (1893b), Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche. In Freud S., OSF, II, Bollati Boringhieri, Torino, 67-84
Freud S. (1894a), Le neuropsicosi da difesa. In Freud S., OSF, II, Bollati Boringhieri, Torino, 117-34.
Freud S. (1894b), Ossessioni e fobie. In Freud S., OSF, II, Bollati Boringhieri, Torino, 135-46.
Freud S. (1897), Sommari dei lavori scientifici del libero docente dottor Sigmund Freud. In Freud S., OSF, II, Bollati Boringhieri, Torino, 361-92.
Freud S. (1899), L’interpretazione dei sogni, OSF III, Bollati Boringhieri, Torino.
Freud S. (1901a), Psicopatologia della vita quotidiana. In Freud S., OSF, IV, Bollati Boringhieri, Torino, 51-297.
Freud S. (1901b), Frammento di un’analisi di isteria (Caso clinico di Dora). In Freud S., OSF, IV, Bollati Boringhieri, Torino, 299-402.
Freud S. (1905), Tre saggi sulla teoria sessuale. In Freud S., OSF, IV, Bollati Boringhieri, Torino, 441-546.
Freud S. (1908a), Carattere ed erotismo anale. In Freud S., OSF, V, Bollati Boringhieri, Torino, 397-406.
Freud S. (1924), Il tramonto del complesso edipico. In Freud S. OSF, X, Bollati Boringhieri, Torino, 25-33.
Freud S. (1925), Alcune conseguenze psichiche della differenza anatomica tra i sessi. In Freud S. OSF, X, Bollati Boringhieri, Torino, 203-17.
Freud S. (1985a), Lettere a Wilhelm Fliess. 1887-1904, Bollati Boringhieri, Torino, 1986.
Gozzano M., Trattato delle malattie nervose, Vallardi, Torino, 1968.
Lualdi M.M., Passando da Stekel. Edizione critica dell’Autobiografia di Wilhelm Stekel, Youcanprint, Tricase, 2015.
Lualdi M. M. (2016a), La domanda assente. In Freud S. (1893), A proposito di un sintomo che si accompagna spesso all’enuresi notturna dei bambini, Youcanprint, Tricase, 2016, 3-11.
Lualdi M. M. (2016b), L’incontro mancato con il trauma vivo. In Freud S. (1893), A proposito di un sintomo che si accompagna spesso all’enuresi notturna dei bambini, Youcanprint, Tricase, 2016, 17-26.
Lualdi M. M., La radice neurologica. In Freud S., Rie O., Studio clinico sull’emiparalisi cerebrale dei bambini, Youcanprint, Tricase, 2017, 9-58.
Segen J.C.(2006), Dizionario di Medicina Moderna, McGraw-Hill, New York, 2007.
[1] Titolo originale: Ueber ein Symptom, das häufig die Enuresis Nocturna der Kinder begleitet. In Neurologisches Centralblatt. Übersicht der Leistungen auf dem Gebiete der Anatomie, Physiologie, Pathologie und Therapie des Nervensystems einschliesslich der Geisteskrankheiten, 1893 (12), pp. 735-7. Il testo può essere consultato e scaricato gratuitamente al seguente indirizzo:
https://archive.org/stream/1893_NZ_12#page/n741/mode/2up.
In parentesi quadra i numeri di pagina dell’originale. Parentesi quadre dell’autore sono specificate in note a piè pagina. Il carattere corsivo per i termini latini, presenti nell’originale, è mio. Altri termini o espressioni in corsivo corrispondono alle parti dell’originale scritte a c a r a t t e r i d i s t a n z i a t i.
[2] Kassowitz Max (1842-1913), uno dei padri della pediatra tedesca. Dopo aver completato gli studi in medicina presso l’Università di Vienna nel 1863, frequentò i vari reparti del policlinico universitario. Nel 1872 iniziò la collaborazione presso il primo ospedale pubblico per bambini di Vienna con l’allora direttore Max Leopold Politzer (1814-1888), al quale successe all’inizio degli anni ’80. Si concentrò principalmente sullo studio e la cura della sifilide e del rachitismo. Nel 1891 fu nominato professore universitario, carica che mantenne fino al 1906, anno in cui si ritirò. Dal 1886 e per circa dieci anni, anche Freud lavorò nella clinica per bambini di Vienna, dedicandovi tre giornate alla settimana (Lualdi, 2015, 165 n. 219).
[3] Come detto nell’introduzione, pochi mesi prima di scrivere questo articolo, Freud pubblicava una monografia sulle diplegie cerebrali dell’infanzia (Per la conoscenza delle diplegie cerebrali dell’infanzia (in aggiunta al morbo di Little)) in cui argomentava che la cosiddetta “paralisi spinale spastica” era in realtà un problema di origine cerebrale, non spinale, per la quale proponeva l’etichetta “rigidità paraplegica” (Freud, 1893a, 95, 104 e segg.).
Il testo di Freud, i cui risultati vennero ribaditi nella sua summa neurologica del 1897, Die infantile Cerebrallähmung, Alfred Hölder, Wien, 1897 (tr. it. a cura di Michele M. Lualdi: Freud S. La paralisi cerebrale infantile, Youcanprint, Tricase, 2020), influì significativamente sui successivi tentativi di classificazione diagnostica delle paralisi cerebrali infantili, al punto che l’etichetta “paralisi spinale spastica” venne conservata, ma impiegata per indicare un diverso quadro patologico: “Malattia piuttosto rara, generalmente familiare, la cui sintomatologia, rappresentata da una paraparesi spastica lentamente progressiva, è dovuta ad una degenerazione primaria, sistematica, dei fasci piramidali […] La malattia colpisce generalmente soggetti giovani… e si manifesta all’inizio con un indebolimento degli arti inferiori, i cui movimenti diventano impacciati… L’andatura diventa tipicamente spastica: i malati camminano con gli arti inferiori fortemente estesi, a passi ravvicinati, strisciando i piedi al suolo… Il trofismo dei muscoli è sempre rispettato, le sensibilità sono integre” (Gozzano, 1968, 686-8).
[4] Parentesi quadre dell’autore.
[5] “Rigidità ‘uniforme’ in flessione ed estensione, che continua per tutta l’ampiezza del movimento di un muscolo striato” (Segen, 2006, voce “Rigidità ‘a tubo di piombo’”). Freud cita il sintomo con la denominazione inglese, in un passaggio di Diplegie in cui riporta un referto clinico di un neurologo inglese, Railton (Freud, 1893a, 267).
[6] Quadricipite femorale.
[7] Ossia quando si tenta di estendere la gamba piegata.
[8] Freud, 1893a, 247-8, 277.
[9] Si veda supra, n. 4.
[10] Si tratta della recensione scritta dal neurologo berlinese Toby Cohn (Cohn, 1893), contenuta in traduzione italiana in Freud, 1893a, 357-8.
[11] In quanto agente anticonvulsivante.
[12] Qui e poco dopo si hanno le sole due occorrenze in cui Freud non impiega, per indicare il disturbo, la terminologia latina, ma quella tedesca (Bettnässen).
[13] L’uso di questa pianta, il sommacco aromatico, in particolare della sua corteccia, era stato pochi anni prima, nel 1879, introdotto dal medico americano (Missouri) J.T. McClanahan, per curare inizialmente il diabete e successivamente altri disturbi tra i quali appunto l’enuresi notturna infantile. Egli stesso rilevava che tale pianta era efficace in alcuni casi di enuresi ma non in altri (fonti: http://doctorschar.com/sweet-sumac-rhus-aromaticum/; http://www.henriettes-herb.com/eclectic/kings/rhus-arom.html; https://www.google.it/?gws_rd=ssl#q=McClanahan+ruhs+aromatica).
[14] Muscolo che, rilassato, consente alla vescica di accogliere l’urina e che si contrae durante la minzione. In italiano: muscolo detrusore, muscolo detrusoriale, detrusore vescicale ().
[15] Sul commento di questo termine devo rivedere in modo sostanziale la posizione da me sostenuta in uno scritto precedente (Lualdi, 2016a, 5): allora non avevo potuto consultare l’edizione originale delle lettere di Freud a Fließ e mi ero basato soltanto sulla traduzione italiana.
[16] Esaustiva la disamina del termine proposta dai fratelli Grimm nel loro Deutsches Wöerterbuch: Schmarr(e)n è in primo luogo un tipo di dolce, ma indica anche il troppo spettegolare, qualcosa di pessimo o inutilizzabile, un uomo misero o spilorcio, e ancora: il graffio, la ferita o il suo esito, ossia la cicatrice. Freud era certo ben a conoscenza di questa pluralità di significati del termine scelto (al posto, per intenderci, di un più neutro “Kleinigkeit”, appunto la “bazzecola”, la “sciocchezzuola”).
[17] Freud S., Zur Kenntnis der cerebralen Diplegien des Kindesalters (im Anschluss an die Little’sche Krankheit), Franz Deuticke, Leipzig und Wien, 1893. Tr. it. (a cura di Michele M. Lualdi): Freud S., Per la conoscenza delle diplegie cerebrali dell’infanzia (in aggiunta al morbo di Little), Youcanprint, Tricase, 2019.
[18] Freud S., Klinische Studie über die halbseitige Cerebrallähmung der Kinder, Moritz Perles, Wien, 1891. Tr. it. (a cura di Michele M. Lualdi): Freud S., Studio clinico sull’emiparalisi cerebrale dei bambini, Youcanprint, Tricase, 2017.
[19] Si tenga conto che il passaggio contenuto in Freud, 1899, 203 è un’aggiunta del 1914, mentre per le pagine 363 e 367 si tratta di aggiunte del 1909.
[20] Il caso in oggetto verrà poi riportato da Freud in ben due scritti di quell’anno: Le neuropsicosi da difesa (Freud, 1894a, 130) e Ossessioni e fobie (Freud, 1894b, 142).
[21] Non è certo un caso, ma anzi un importante elemento per lo studio delle origini della terminologia psicoanalitica, che per indicare tanto la resistenza muscolare opposta dal paziente neurologico alle manovre motorie del medico, quanto quella psichica del paziente in analisi, Freud impieghi lo stesso termine, “Widerstand”. Ho approfondito il tema in Lualdi, 2017.
[22] Ho proposto altrove una possibile risposta all’interrogativo. Rimando per questo a Lualdi, 2016b.
Commenti
Posta un commento