Marchioro Francesco, Freud genio infedele. Identità di un ebreo tedesco irreligioso. Presentazione di Silvia Vegetti Finzi, Franco Angeli, Milano, 2022, pp. 194.

 

L'autore, Francesco Marchioro, sulla Freud-Promenade (Collalbo), la passeggiata da lui ideata e realizzata in uno dei luoghi italiani più amati da Sigmund Freud

Michele M. Lualdi

Esce per i tipi della milanese Franco Angeli Freud genio infedele di Francesco Marchioro, storico della psicoanalisi e studioso di Freud di fama internazionale. Traduttore e curatore dell’opera di uno dei grandi pionieri della psicoanalisi, Otto Rank, ha di recente pubblicato con Boringhieri Gli aforismi. Tutti i concetti fondamentali, in cui ha raccolto e catalogato con rigore e perizia centinaia di significatici passaggi dell’Opera Omnia di Sigmund Freud. Nel frattempo organizzava una mostra sul tema “Ebraismo Freud memoria”, pianificata per il gennaio 2021 ma purtroppo annullata a causa del persistere della pandemia. Proprio dal materiale e dagli studi alla base di quel progetto nasce Freud genio infedele, in cui l’Autore scandaglia il rapporto tra Freud e l’ebraismo.

Tema dalle molte sfaccettature, la cui complessità rende ancor più pregevole lo stile piacevole e scorrevole di Marchioro, la sua capacità di appianare la materia guidando il lettore lungo un percorso che conserva, come direttrici principali, il contributo dell’ebraismo nel definire sia l’identità di Freud e sia la specificità della psicoanalisi. È quest’ultima scienza ebrea? E in cosa consiste l’ebraismo di Freud, uomo tedesco per cultura ed estraneo alla religione dei padri?

Le risposte a queste domande (che naturalmente qui non daremo) hanno richiesto un’indagine a più livelli, condotta con il sostengo di una bibliografia ampia e che attinge tanto a testi ormai classici sul tema quanto ai contributi più recenti, puntualmente segnalati (ciò che consente al lettore di approfondire a piacimento le tematiche che più lo incuriosiscono e lo stimolano). Si tratta anzitutto di comprendere la duplice radice dell’ambiente ebraico in cui crebbe Freud, da un lato la storia e la personalità dei genitori, Jacob e Amalia (nata Nathanson) e delle loro famiglie, dall’altro e ampliando la visuale, l’ambiente socio-culturale di una Vienna in rapida trasformazione, che vede sia un costante aumento, nella seconda metà del XIX secolo, del numero di abitanti Ebrei, sia una generale trasformazione del loro rapporto con la religione, verso posizioni via via più lontane dallo chassidismo e tese all’integrazione.

L’analisi dell’Autore procede cogliendo la notevole significatività dell’ebraismo nei rapporti di Freud lungo tutta la sua crescita: il percorso universitario, anzitutto, quando un già diffuso antisemtismo lo abitua “al destino di stare nelle file dell’opposizione” (p. 44); poi, in maniera assai più profonda, i quattro anni di fidanzamento con Martha Bernays, durante i quali il contrasto tra l’irreligiosità di lui e l’ortodossia di lei si palesa in diverse lettere, dai toni più o meno accesi, fino a giungere al “compromesso” (in realtà una vittoria di Freud, con il bando di quasi tutti i rituali religiosi da casa) che accompagnerà la lunga vita matrimoniale e l’educazione dei figli. Tra questi ultimi, particolare risalto viene dato alla minore, Anna, l’unica che seguirà le orme del padre: il volume offre infatti all’Autore l’occasione di approfondire, da un nuovo punto di vista, le riflessioni sul rapporto padre-figlia già offerte nel precedente Psicoanalisi e archeologia. Freud e il segreto di Atena (Sovera-Armando, 2017). Ma in più occasioni viene ricordato anche Martin Freud, autore di una troppo trascurata biografia del fondatore della psicoanalisi, Mio padre Sigmund Freud, curata e tradotta dallo stesso Marchioro nel 2001 per l’editore Il Sommolago e di cui il testo offre numerosi stralci.

Proprio qui sta una delle gradite peculiarità di Freud genio infedele: quella di narrare prima e più che di proporre ipotesi e interpretazioni. E la narrazione avviene lasciando parlare il più possibile i protagonisti, grazie al ricorso a un ricco materiale documentario, per giunta non tutto disponibile in italiano, come i quattro volumi delle lettere tra Sigmund e Martha, i cosiddetti Brautbriefe, al momento disponibili solo in tedesco, o un volume – sempre tedesco – che raccoglie prose e poesie di Anna Freud. La citazioni da lettere, documenti, opere di autori abilmente organizzate in sequenze creano spesso la suggestione di un botta e risposta che vivifica e arricchisce la narrazione, senza peraltro introdurvi elementi di indebita ricostruzione. È solo a partire da ciò che, in seconda battuta, la voce dell’autore-narratore solleva questioni e propone risposte.

Questo gioco di voci raggiunge l’apice, a mio parere, nel capitolo dedicato alla relazione tra Freud e Jung, grazie al ricco epistolario conservatosi tra i due e dal quale emerge chiaramente, tra le altre questioni, anche quella di un rapporto difficile per entrambi tra l’ebraismo dell’austriaco e il cristianesimo dello svizzero. Su Jung si aggiunge un’importante appendice sulla spinosa questione delle accuse mossegli di antisemitismo e di appoggio del regime nazista: anche questo tema viene affrontato con oggettività storica e proponendo infine una soluzione originale, che si allontana dalla semplice dicotomia della conferma/confutazione dei capi d’imputazione.

Naturalmente non mancano i ricchi riferimenti agli scritti scientifici di Freud in cui viene trattato, da diversi punti di vista, il tema dell’ebraismo. In particolare un capitolo è dedicato a Totem e tabù e uno a Il Mosè di Michelangelo, mentre in filigrana sono costanti la presenza e il rimando a L’uomo Mosè e la religione monoteistica.

Anche di Jung vengono scandagliate le opere che maggiormente toccano, a volte in modo aspro e bisognoso di una contestualizzazione che l’Autore non fa mancare, la tematica dell’ebraismo. Ma soprattutto il libro offre in una seconda appendice un inedito di un giovane Rank (1905) che già affascinato dalla psicoanalisi ma non ancora accolto in seno alla Società Psicologia del Mercoledì, affronta la tematica dell’ebraismo cercando di far convergere filosofia, antropologia e psicoanalisi: L’essenza dell’ebraismo.

Il volume è impreziosito da una Presentazione di Silvia Vegetti Finzi, che riflette ulteriormente sul conflittuale rapporto identitario di Freud con l’ebraismo lungo tutto l’arco della sua vita e della sua produzione linguistica e segnala, cosa che farà piacere a molti, una “attuale rinascita degli studi storici sulla Psicoanalisi” (p. 12), di cui Freud genio infedele è indiscutibile prova e riuscita dimostrazione.


Commenti

  1. Ringrazio Michele Lualdi per la sua attenta lettura indagatrice del mio saggio, di cui ha seguito con mente partecipante l'elaborazione.
    Freud, "genio" riconosciuto per aver trasformato l’inconscio da poetico e narrativo in freudiano, cioè psichico, intelligibile, è "infedele" in quanto genio e in quanto si distacca dalla tradizione dei suoi predecessori in relazione sia alla psicologia che all’ebraismo.
    Si tratta di un lavoro che mentre cerca di cogliere l’identità di Freud volge il proprio interesse anche alla vita e alle opere del fondatore della psicoanalisi e dei protagonisti a lui prossimi.
    Francesco Marchioro

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