È davvero Jung alle origini de "Il delirio e i sogni nella 'Gradiva' di Wilhelm Jensen" di Freud?
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di Michele Lualdi
Tanto all’inizio quanto alla fine del suo saggio Il delirio e i sogni nella “Gradiva” di Wilhelm Jensen, Freud allude a un qualche membro dell’allora Società psicologica del mercoledì, responsabile e meritevole di avere attratto l’attenzione del piccolo gruppo di pionieri della psicoanalisi sulla novella Gradiva di Wilhelm Jensen:
“È accaduto che nella cerchia di persone in cui era sorta questa idea [ossia di indagare i sogni inventati dai poeti], qualcuno si sia ricordato che in un’opera recentemente piaciutagli in modo particolare fossero contenuti diversi sogni…” (Freud, 1906, 265; parentesi quadra mia).
E verso la fine:
“Uno di noi che, come ho detto in principio, aveva preso interesse ai sogni della Gradiva e alla loro possibile interpretazione, si è rivolto al poeta per chiedergli direttamente se egli fosse in qualche modo a conoscenza di teorie scientifiche come queste. Il poeta, come era da attendersi, rispose di no, mostrandosi anche alquanto seccato…” (Freud, 1906, 332).
Una nota a piè pagina che
accompagna il primo dei due stralci appena riportati specifica che il
“qualcuno” cui Freud allude sarebbe Jung (Freud, 1906, 265 n. 1).
Che sia stato Jung a far conoscere
a Freud la novella di Jensen è la versione classica, già presente in Jones (Jones,
1955, 414) e successivamente riversatasi in quasi tutti i testi sull’argomento.
Così ad esempio nell’Avvertenza
editoriale al saggio di Freud in OSF:
“Nel giugno del 1906 C. G. Jung, che da qualche tempo era in corrispondenza regolare con Freud, gli segnalò una novella… Jensen, interpellato quello stesso anno da Jung e l’anno successivo da Freud…” (Freud, 1906, 259).
Non diveramente è riferito nell’edizione musattiana di Gradiva del 1961 (Musatti, 1961, 7). Ancora mentre scrivo, 12.12.2021, il sito dei Musei Vaticani, che conserva il bassorilievo da cui Jensen trasse spunto per la sua novella e a tutti noto, appunto, come “Gradiva”, riporta fedelmente la versione tradizionale alla pagina dedicata al reperto archeologico: “Carl Gustav Jung segnalò tale novella a Sigmund Freud…”.
Nel mio piccolo, concluse le mie
ricerche nel 2019, segnalai ai Musei la questione nonché le fonti, che riferirò
anche qui, ma senza alcun profitto.
Eppure proprio in Italia già oltre
quarant’anni fa si levavano le prime voci perplesse: in Sicilia, il
professore di Estetica Luigi Russo nel 1977 esprimeva i propri dubbi sull’effettivo
ruolo di Jung nella vicenda di Gradiva, articolandoli 5 anni più tardi
in un testo rigoroso per argomentazione e brillante per stile, La nascita
dell’estetica di Freud (Russo, 1983, 183-219) e segnalando tra l’altro – ma
non avallando – l’ipotesi avanzata da Fausto Nicolino nel 1979, secondo cui si
sarebbe dovuto attribuire a Rudolf Reitler il merito della segnalazione della novella di Jensen a Freud.
Nel 1992, nove anni dopo la
comparsa del volume di Russo, la sua “documentatissima confutazione di
quest’opinione corrente” veniva ripresa da Raffaele Oriani che curava per le edizioni
Studio Tesi di Pordenone una nuova traduzione italiana di Gradiva di Jensen
e del relativo saggio freudiano (Jensen, Freud, 1992, 211 n. 5). E approntando
la prefazione a tale volume, Mario Lavagetto avanzava l’ipotesi che fosse stato
lo stesso Freud (Lavagetto, 1992, xi-xii) quell’“Uno di noi” di cui si parla ne
Il delirio e i sogni il quale, dopo aver “preso interesse ai sogni della
Gradiva e alla loro possibile
interpretazione, si è rivolto al poeta per chiedergli direttamente”.
Ma come si può ben immaginare, se
al di là di qualche sporadico riferimento le voci italiane non trovavano
ascolto da noi, a maggior ragione non potevano venir recepite altrove. Così nel
2003 Jaap Bos, nel ricercare i primi lavori a porre sotto una luce critica la leggenda
del ruolo di Jung, non andava oltre quelli di John Kerr e di Peter L. Rudnytsky,
entrambi del 1994 (Bos, 2003, 30 n. 12, 32 n. 13).
Merito di Bos resta peraltro quello
di avere per primo, così mi risulta, avanzato un’ipotesi non solo ben
argomentata e credibile, ma come vedremo anche giusta, su chi sia stato
realmente a segnalare a Freud la novella di Gradiva. Seguiamo dunque la sua
argomentazione.
Non vi sono tracce nella
corrispondenza tra Jung e Freud, iniziata nell’aprile del 1906, di alcuna considerazione
in merito a Gradiva. Se in aggiunta
si considera che il saggio viene scritto da Freud a Lavarone nell’estate del
1906 (Jones, 1955, 414) e che il primo incontro di persona tra i due avviene
solo nel marzo dell’anno successivo (Freud, 1974, 25), diviene difficile
comprendere in che modo i due avrebbero potuto discorrere insieme per tempo della questione.
Bos evidenzia la perplessità già di Jones di fronte a tale versione classica,
che pure decide di riportare nella sua biografia freudiana… citando come fonte
lo stesso Jung:
“Jung, che aveva richiamato l'attenzione di Freud sul romanzo, mi disse che questo era stato scritto espressamente per far piacere a lui, ma se è vero ciò deve essere avvenuto prima che lui e Freud si conoscessero personalmente” (Jones, 1955, 414, corsivo mio).
Viene difficile anche pensare che
Freud scriva nell’estate del 1906 il suo saggio per far piacere a un collega
conosciuto da pochi mesi, per giunta solo per lettera [1].
Bos avanza quindi un’ipotesi
alternativa, secondo la quale sarebbe stato Wilhelm Stekel
a indicare a Freud gli interessanti sogni costruiti da Jensen per Gradiva. Egli non può tuttavia portare prove
dirette in suo favore, ma riferisce un brano molto suggestivo tratto dal volume
di Stekel del 1912, Die Träume der Dichter [I sogni dei poeti], in cui questi afferma:
“In un interessantissimo saggio, ‘Il delirio e i sogni nella Gradiva di Wilhelm Jensen’ Freud ha fornito la prova che i sogni di Jensen, che egli ha costruito arbitrariamente, corrispondono perfettamente alle leggi dell’interpretazione dei sogni. Ho domandato a Jensen se egli conoscesse [“]L’interpretazione dei sogni[”] di Freud, ricevendo uno scritto assai cortese, dichiarante che egli non ha alcuna idea di un’interpretazione dei sogni e che si è inventato la storia di sana pianta” (Stekel, 1912, 14; corsivi dell’autore, traduzione e parentesi quadre mie).
Conclude dunque Bos:
“Nonostante la ‘brusca risposta” trasformata, forse come d’uso, in una “cortese”, non ci può essere dubbio che si tratti della domanda cui Jensen fa riferimento nella propria lettera a Freud e che sia dunque a Stekel che Freud si riferisce [nel saggio su Gradiva, scrivendo: “Uno di noi…”]” (Bos, 2003, 32, traduzione e parentesi quadre mie).
Bos si riferisce qui alla prima lettera scritta da Jensen a Freud il 13 maggio 1907, in risposta all’invio da parte di questi di una copia de Il delirio e i sogni. In essa, sul finire, scrive Jensen:
“Ma che io a una richiesta abbia risposto in “maniera addirittura un poco brusca” proprio non lo ricordo e, se davvero è così, me ne pento e chiedo di riferire da parte mia alla persona in questione: peccavi” (Freud, Jensen, 2019, 19).
È solo dieci anni più tardi, nel 2013, che arriva una netta conferma dell’ipotesi proposta da Bos, grazie alla pubblicazione da parte del pronipote di Jensen Hartmut Heyck, della lettera che realmente Stekel scrive a Jensen già nel 1903 (Heyck, 2013, 169) e di cui riporto qui sotto una mia traduzione:
Vienna, 20 marzo 1903 [2]
Stimatissimo poeta!
La Vostra meravigliosa novella
“Gradiva” ci ha affascinati. [“]Ci[”] – ossia una piccola società psicologica
che si riunisce settimanalmente dal professor Freud, il famoso neurologo.
Si discute ogni settimana e la
scorsa settimana abbiamo discusso di “Gradiva”. Tutti concordavamo che la
novella fosse un capolavoro di prima categoria. Ma anche dal punto di vista
medico e psicologico avete profuso in essa così tanta verità che tutti noi abbiamo
dovuto ammettere: questo componimento è veramente [3]
scienza.
A questo punto un sapientone [4]
ha pensato che Jensen avesse studiato a fondo il libro dei sogni del Prof.
Freud (Il sogno, Deuticke, 1901). Opinione si contrapponeva a opinione. Ci
siamo duramente scontrati gli uni con gli altri.
Maestro! Componete Voi la lite.
Avete letto il libro di Freud sui sogni o piuttosto ci avete mostrato ancora
una volta che il poeta [5]
si avvicina alla verità più della sobria scienza? Lo avete letto?
Non arrabbiateVi se Vi sollecito per ottenere una risposta da Voi.
Con estrema stima,
Stekel
Il contenuto coincide a tal punto
con il passaggio del lavoro di Freud su Gradiva
da cui siamo partiti e con l’accenno contenuto nella citata lettera di Jensen, da
non lasciare praticamente ulteriori dubbi sull’identificazione ipotizzata da
Bos già nel 2003: a segnalare a Freud l’interessante novella di Jensen fu
Stekel, non Jung [6].
E così
stando le cose, ossia risalendo il primo contatto di Jensen con la psicoanalisi
al 1903 ed essendo questo seguito da quattro anni di silenzio, ben si può
comprendere la completa dimenticanza della risposta allora data a Stekel (“che
io a una richiesta abbia risposto in ‘maniera addirittura un poco brusca’ proprio
non lo ricordo”), mostrata nel 1907 dall’ormai settantenne scrittore; cosa che
invece lascerebbe assai più perplessi se si pensasse a un contatto tra Jensen e
Jung avvenuto solo un anno prima, nel 1906, come vuole l’Avvertenza
editoriale al saggio freudiano sopra citata o addirittura, seguendo
Lavagetto, a uno tra Jensen e lo stesso Freud.
Va qui segnalata la recente e ampia
biografia dedicata da Peter-André Alt a Freud, in cui finalmente viene ricostruita
la vicenda affidandosi alle fonti più aggiornate e riconsegnando così a Stekel
il merito di quella prima storica segnalazione, che si sarebbe rivelata tanto
significativa per il rapporto della psicoanalisi con la letteratura (Alt, 2016,
385).
Tornando a Jung, gli resta comunque un ruolo non indifferente nell’intera vicenda: il suo scambio epistolare con Freud conferma infatti che è lui a segnalare a quest’ultimo le altre due novelle di Jensen, L’ombrellino rosso e Nella casa gotica, ma solo il 24 novembre 1907 (Freud, 1974, 103), ossia qualche mese dopo la prima pubblicazione del saggio di Freud. Queste due novelle, che risultaranno fondamentali per permettere a Freud di giungere alla sua intrepretazione del rapporto di Jensen con Gradiva, sono infatti espressamente citate solo nella Postilla del 1912 alla seconda edizione de Il delirio e i sogni, in cui Freud allude a Jung come a “un amico” (Freud, 1906, 335), qualifica molto personale e assai differente dagli asettici “qualcuno” e “Uno di noi” con cui (anche nell’edizione del 1912) segnala l’intervento di chi gli aveva a suo tempo fatto conoscere la novella Gradiva: non mi risulta infatti che Freud abbia mai considerato Stekel “un amico”.
L’ombrellino rosso e Nella casa gotica erano state scritte da Jensen nel 1892 e raccolte in un volume dal suggestivo titolo Übermächte. Sarebbero dovuti passare ben 123 dalla prima edizione di quel libro prima che ne comparisse una seconda, ad opera di Heyck (Jensen, 1892), restituendo così ai due racconti la loro reciproca appartenenza, per come voluta dall’autore. Su questa seconda edizione ho proceduto a curare la prima traduzione italiana con il titolo Forze superiori.
Una versione più articolata e completa del ruolo di Stekel e degli ulteriori sviluppi della vicenda di Gradiva si possono trovare qui.
Bibliografia
Alt P.-A., Sigmund Freud. Der Arzt der Moderne. Eine Biographie, Verlag C. H. Beck oHG, München, 2016.
Bos J. (2003), A Silent Antipode. The Making and Breaking of Psychoanalyst Wilhelm Stekel. In Bos J., Groenendijk L., The Self-Marginalization of Wilhelm Stekel. Freudian Circles Inside and Out, Springer, NY, 2007, 17-48.
Freud S. (1906), Il delirio e i sogni nella “Gradiva” di Wilhelm Jensen. In OSF, V, Bollati Boringhieri, Torino, 257-336.
Freud S. (1974), Lettere tra Freud e Jung, Bollati Boringhieri, Torino, 1990.
Freud S., Jensen W., “Non è vana curiosità”. Carteggio Freud-Jensen (1907), Youcanprint, Tricase, 2019.
Jensen W. (1892), Übermächte, Createspace Independent Pub, 2015.
Jensen W., Freud S., Gradiva, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1992.
Jones E. (1955), Vita e opere di Freud. II. Gli anni della maturità (1901-1919), Il Saggiatore, Milano, 1962.
Lavagetto M., Prefazione. In Freud S., Jensen W. (1906), Gradiva, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1992, vii-xvii.
Lothane Z., The Lessons of a Classic Revised: Freud on Jensen’s Gradiva. In Psychoanalytic Review, 2010, 97 (5), 789-817.
Musatti C. L. (1961), Introduzione. In Musatti C. L. (a cura di) Gradiva, Bollati Boringhieri, Torino, 1961, 7-17.
Oriani R. Nota al testo. In Jensen W., Freud S., Gradiva, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1992.
Russo L., La nascita dell’estetica di Freud, il Mulino, Bologna, 1983.
Stekel W., Die Träume der Dichter, J. F. Bergmann, Wiesbaden, 1912.
[1] Concordo con questa considerazione di Bos. Tuttavia non ne discende direttamente la completa falsità dell’affermazione di Jung: non sarebbe cioè da escludere che Jung potesse essere convinto della verità della propria asserzione.
[2] La data è così scritta: “20/III 1902”. Una nota di Heyck (Heyck, 2013, 198-9 n. 12) argomenta coerentemente la presenza di un errore nell’anno, che non può che essere 1903 per due semplici quanto incontrovertibili ragioni: nel marzo 1902 anzitutto la novella Gradiva non era ancora uscita e in secondo luogo la Società psicologica del mercoledì, cui Stekel si riferisce già in apertura della lettera, ancora non esisteva: Jones ne pone la nascita “nell’autunno del 1902” (Jones, 1955, 24).
[3] “Geradezu” nell’originale. Può significare anche “quasi”, oltre che “proprio”, “veramente”, ma ho preferito il significato più incisivo ed enfatico in quanto, per l’idea che nel tempo mi sono potuto fare della personalità di Stekel, mi pare più nelle sue corde. Inoltre lo stesso Freud, in un passaggio de Il delirio e i sogni, afferma che in realtà solo il poeta e la psicoanalisi hanno compreso scientificamente (o comunque meglio della “scienza ufficiale”, della “scienza intera”) l’origine e la dinamica del delirio (Freud, 1906, 301). Anche Lothane, che offre una traduzione quasi completa di questa lettera, opta per “really” (Lothane, 2010, 793).
[4] “Überkluger” nell’originale. Lothane rende con “wise guy” (Lothane, 2010, 793).
[5] “Dichter” nell’’originale; Lothane rende con “imaginative writer” (Lothane, 2010, 793).
[6] Per completare il quadro, mancherebbe ora soltanto la prima lettera inviata da Freud a Jensen, quella che certamente accompagnava l’invio del fascicolo di Schriften zur angewandten Seelenkunde contenente il saggio su Gradiva: se in essa vi fosse l’esplicita indicazione di colui che aveva dato avvio ai contatti con lo scrittore, avremmo una prova inconfutabile. In ogni caso, il materiale disponibile mi pare decisamente dirimente.
Grazie per questo percorso documentato e rivelatore, che premia una ricerca testuale ed intelligente e dona allo studio una verità altrimenti inattingibile. Francesco Marchioro
RispondiEliminaGrazie Francesco. Condivido con te la passione per la ricerca, come constante e mai appagata tensione verso la conoscenza.
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