Freud e le fibrille: rispondendo a Luigi Merico

Il dio Aton coronato dai segni dello Zodiaco (Sentinum, III sec. d. C.): la più antica raffigurazione del nastro di Moebius (fonte: CNR)
 
 
di Michele Lualdi
 
Recentemente, l'amico e collega Luigi Merico ha organizzato e sistematizzato in un interessante articolo alcuni spunti di rilfessione sorti durante un nostro scambio a proposito del significato delle "fibrille" descritte da Freud nei suoi studi neuroanatomici.
Il lavoro di Merico ha il raro pregio non solo di portare l'attenzione su tematiche troppo speso neglette dagli studiosi di storia della psicoanalisi e più in particolare di Freud, ma anche di offrire al lettore un'introduzione all'importante teoria del "reticolarismo", che dominava la scena in neuroanatomia prima che venisse scoperto il neurone (Waldeyer, 1891) e si passasse dunque al "neuronismo".
Nell'interrogarsi su cosa siano le "fibrille" ("Fibrille" nell'originale) di cui parla Freud, egli giunge a conclusioni differenti dalle mie:  mentre io vi scorgo dei sottoelementi della fibra nervosa (dunque intraassoinici), secondo Merico si tratta delle estreme propaggini, più o meno intensamente ramificate, delle cellule nervose, che garantiscono il contatto tra le stesse.
E' possibile che alla base della divergenza stia il semplice fatto che mentre io esprimo un parere fondato sullo studio dei lavori neurologici di Freud scritti fino al 1882, anno in cui pubblica il noto studio Sulla struttura delle fibre nervose e delle cellule nervose nel gambero di fiume, Merico cita in apertura una considerazione che in verità non è tratta da quest'ultimo lavoro, come egli sostiene, ma da quello di due anni successivo, La struttura degli elementi del sistema nervoso: su di esso non sono in grado di esprimere alcun parere di rilievo, poiché non ne ho una conoscenza approfondita.: non escludo dunque che lì il termine "fibrille" abbia il senso attribuitogli da Merico. Colgo in ogni caso l'occasione per chiarire la mia posizione e per proporre in conclusione una brev riflessione linguistica di più ampio respiro.
Si tratta anzitutto di sciolgiere due perplessità, una fattuale e una terminologica, poste in essere da Merico.
La fattuale è relativa all'effettiva possibilità di Freud, dati gli strumenti dell'epoca, di osservare certi elementi intraassonici. Ora, si consideri anzitutto che la microscopia, nella seconda metà dell'800, aveva fatto notevoli progressi e che gli studi di Freud riguardavano il gambero di fiume, le cui cellule nervose possono raggiungere diametri piuttosto consistenti.
Freud impiegava microscopi Hartnack, tra i migliori (si veda anche Riley A., A cure for Darkness, Scribner, New York, 2021, 20). In particolare, i modelli impiegati nello studio sul gambero di fiume consentivano ingrandimenti x 360 e x 400 (nel lavoro del 1878 sul Petromyzon otteneva addirittura ingrandimenti x 520).
Se pocho meno di vent'anni prima, nel 1865, Max Schultze, studiando i leucociti con uno Hartnack 10 poteva osservarne il nucleo e i suoi movimenti (si veda Brewer D. B, Max Schultze And The Living, Moving, Phagocytosing Leucocytes, 1865. Medical History, 1994, 38, p. 94), nel 1882 Freud, nelle cellule del gambero di fiume, osservava addirittura piccoli elementi intranucleari, che riportava fedelmente nella tavola a fine articolo. 
 
Tavola annessa al saggio del 1882 sul gambero di fiume. I disegni sono di Freud (fonte: freud-edition)


 
 
Verosmilmente, le dimensioni delle cellule osservate potavano dunque fare la differenza sul livello di approfondimento della visione microscopica. Se si osserva inoltre la tavola prima citata, si vedrà che lo spessore di quelle che Freud definisce "belle formazioni" intranucleari è assai più sottile di quello dei prolungamenti cellulari che escono (o entrano) nel nucleo. Il che mi fa propendere per affermare che Freud e i suoi contemporanei avevan la possibilità, perlomeno con cellule nervose abbastanza grandi, di indagare il livello intraassonico. 
La seconda perplessità di Merico è invece terminologica, si chiede cioè se con "cilindrasse" si intendesse ai tempi di Freud ciò che ora chiamiamo "assone" o non piuttosto un "nervo", dunque un fascio di assoni. Mi sento di affermare che di sicuro si tratta dell'assone, elemento cellulare andato incontro a più di un battesimo. Inizialmente si parlò di "cilindro (nervoso) primitivo" ("Primitivröhre" o "Nervenprimitivröhre"), termine che, per quanto ho potuto appurare,  si deve all'italiano Felice Fontana (1730-1805). Nel 1852 Robert Remak propose il termine "tubo assiale" ("Axenschlauch"), che non ebbe però particolare fortuna (si veda anche Todaro, Prolusioni, 1872 p. 439). Venne quindi il termine "cilindrasse" ("Axis Zylinder"), introdotto nel 1860 da Otto Deiters, infine sostituito dal tuttora valido "assone". 
 
Assodato dunque che Freud, date le dimensioni delle cellule nervose del gambero di fiume, ha la possibilità di individuare al microscopio elementi di diametro inferiore a quello dell'assone e che quado parla di cilindrasse (o di cilindro o anche di prolungamento nervoso) si riferisce all'assone, vediamo cosa in concreto scrive nel lavoro sul gambero di fiume del 1882. Un bon punto di partenza può essere la descrizione che egli fa dei risultati di Remak con le cosiddette "fibre colossali":
 
"Il contenuto di questi cilindri nervosi l’ha descritto Helmholtz nel 1842 come massa traslucida e liquida. Già l’anno successivo Remak scopriva, all’interno dei cilindri più ampi, i quali raggiungono un diametro di 0,1 mm e oltre (Haeckel), un fascicolo di fibrille delicato..."
 
Rimanda poi a una figura del lavoro di Remak, che riporto qui per comodità, con tanto di didascalia

"...ingrandito 250 volte, un cilindro primitivo del cordone ventrale del gambero di fiume con il  fascicolo centrale di fibre nella sua sede naturale..." 

Siamo qui nel pieno della diatriba allora in corso tra struttura liquida o fibrillare della fibra nervosa (ricordata anche da Ernset Jones a p. 77 del primo volume della sua biografia freudiana) ed è chiaro che si sta discutendo della possibile esistenza di filamenti - le fibrille appunto - che decorrono all'interno del "cilindro primitivo" (o cilindrasse o assone). Nella lunga argomentazione succcessiva, Freud porta prove a favore dell'esistenza di queste fibrille, che altri ricercatori ritengono invece il prodotto della coagulazione di un supposto liquido costituente la fibra nervosa: egli dimostra infatti che le cellule di gambero di fiume da lui osservate sono ancora vive (in quanto il loro nucleo contiene le "belle formazioni" ancora in movimento) e dunque ciò che si osserva nei loro prolungamenti non può essere il prodotto di una decomposizione o coagulazione. E quel che osserva, appunto, sono fibrille:

"...sono riuscito a ottenere, in condizioni propizie, preparati in cui tutte le fibre nervose si potevano riconoscere come fibrillari. Le fibrille decorrevano... non in modo ondulato, come Remak ha disegnato il fascicolo fibrillare delle fibre colossali, ma rettilinee e completamente isolate l’una dall’altra... le fibrille si rivelano immediatamente [all'ossevazione al microscopio] e non solo dopo lunga attesa, sì che non resta motivo per dubitare della loro preesistenza"
 
In una descrizione del genere mi pare non resti che scegliere tra due alternative: o considerare le fibre nervose come fasci di assoni e dunque le fibrille comei singoli assoni che la compongono (ma in questo caso perché non impiegare uno dei termini usuali come cilindrasse o cilindro nervoso), oppure considerare la fibra nervosa come assone (come el resto facciamo anche oggi) e dunque la fibrilla come un suo sottoelemento.
 
Mi è difficile in questa sede affrontare la questione più in profondità, in quanto sarebbe richiesta una miglior disamina non solo dell'ulteriore terminologia impiegata da Freud e dai contemporanei, ma anche della concezione strutturale della cellula che pare a volte, nell'ambito del reticolarismo, ridursi al suo nucleo, mentre i cosiddetti "prolungamenti cellulari" o fibre sono considerati appartenenti alla rete in cui tali nuclei/cellule sono inseriti. Ad assicurare il contatto tra i due elementi sarebbero i cosiddetti "punti di transisizione", strutture coniche in cui la cellula progressivamente si restringe e si allunga per dare origine alla fibra.
In ogni caso, a me pare che nel suo saggio sul gambero di fiume del 1882 Freud consideri le fibrille come elementi intraassonici. Che poi essi coincidano con gli attuali neurofilamenti, filamenti intermedi, microfilamenti, microtubuli o neurofibrille, è un quesito cui non sono assolutamente in grado di rispondere.
Ciò non esclude che lo stesso termine, fibrille, venga impigato da Freud solo due anni più tardi per indicare le sottili arborizzazioni con cui un neurone si collega agli altri e di sicuro in tal senso è impiegato da altri autori, come Merico riferisce. 
Il punto qui - questa la conclusione di più ampio respiro cui volevo arrivare - è l'esistenza di un linguaggio specifico sì, ma ancora impreciso, perlomeno in certe descrizioni anatomiche. Basti pensare che lo stesso Freud, nel già citato lavoro sul Petromyzon, impiega una volta non il solito "Fibrille" ma "Fäserchen", ossia il diminutivo di "Faser" (fibra, appunto) che dovremmo dunque rendere con "fibrina" o "fibretta". Termine peraltro impiegato anche ai già citati Remak e Waldeyer. Ben si adatta a questa fluidità linguistica la possibilità che con fibrilla ci si riferisse in contesti diversi a elementi diversi.
Interessante inoltre, dal punto di vista linguistico, l'impiego pressoché costante di termini botanici, per cui, se da un lato tuttora si parla di "radici" nervose, dall'altro abbiamo "tronchi" nervosi che si "ramificano" dividendosi in "rami" e quest'utlimi addirittura in "rametti". Termine, quest'ultimo impiegato non solo (seppur raramente) Freud, ma anche dal precedente Carl Küttner. Si arriva così a parlare di "arborizzazioni" neuronali, altimenti dette, forse, "fibrille".

 

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